Siria: una nuova milizia armata
in preparazione

02/03/2015

Il 19 febbraio 2015 Stati Uniti e Turchia hanno firmato l’accordo per creare una nuova forza di Siriani da schierare contro lo Stato Islamico. Il piano prevede l’impiego di mille soldati americani e qualche centinaia di formatori, che collaboreranno con i servizi di intelligence di Turchia, Arabia Saudita, Giordania e Qatar. Gli USA hanno già selezionato 1200 ribelli delle fazioni ribelli “moderate” e intendono reclutare altri combattenti fra i Siriani rifugiati in Turchia e Giordania.

L’addestramento inizierà la primavera prossima: ogni anno verranno addestrati circa 5000 combattenti, di cui 2000 dalla Turchia. Gli USA forniranno a questa milizia pickup equipaggiati con strumentazione per comunicare via satellite e segnalare gli obiettivi da colpire dall’aria.

Gli Stati Uniti hanno già addestrato contingenti di ribelli siriani in passato (il Free Sirian Army o Esercito Libero Siriano), senza però ottenere i risultati sperati. Il Free Sirian Army è stato eclissato dalla potenza di fuoco delle forze di Bashar al Assad e per sopravvivere ha dovuto cooperare con Jabhat-al-Nusra – affiliato ad alQaeda – che ha giocato un ruolo decisivo in molte battaglie.

I ribelli appoggiati dagli USA si sentono impotenti: da un lato lamentano di non aver ricevuto rifornimenti di armi e munizioni in modo adeguato e continuativo, dall’altra hanno un grave problema d’immagine fra la popolazione. Dato che Washington ha spesso bombardato le postazioni di Al-Nusra risparmiando invece le unità dell’esercito di Assad, i ribelli etichettati come amici degli USA sono considerati per estensione amici di Assad, dunque nemici da combattere. Perciò nel nord della Siria i ribelli filo-occidentali, deboli e poco organizzati, non sono stati capaci di respingere gli attacchi di al-Nusra e dei suoi alleati.

Nel sud della Siria la situazione è diversa: qui le unità dell’Esercito Libero Siriano appoggiato dagli USA, che consta di circa 30.000 uomini, sono state molto più efficienti nell’organizzare le forze, grazie anche all’appoggio di un centro di comando in Giordania, dove gli USA giocano un ruolo chiave.

Non si può vincere la campagna contro lo Stato Islamico senza forze di terra, e questo pone gli USA in una posizione difficile. In Iraq si può fare affidamento su forze locali come i Peshmerga curdi e l’esercito iracheno – nonostante gli scarsi risultati degli ultimi anni, specialmente contro l’ISIS. In Siria invece i ribelli siriani non sembrano disposti a mollare la lotta contro Assad per concentrare l’attenzione sull’ISIS.

Nella guerra civile siriana sono coinvolti tre attori principali: i “ribelli” in senso lato, composti da diversi gruppi, i lealisti di Assad e lo Stato Islamico. Gli Stati Uniti sperano di ricucire – almeno temporaneamente – un accordo fra Assad e i ribelli per sconfiggere l’ISIS. In questo quadro rientra l’appoggio alle Unità Curde di Difesa del Popolo (YPG) che hanno condotto la battaglia per Kobane. I Curdi però sono una piccola minoranza in Siria, e per di più la Turchia, che mal sopporta i Curdi del PKK, si oppone a qualsiasi soluzione che preveda il loro rafforzamento. Per questo ora gli Stati Uniti hanno deciso di appoggiare i ribelli sostenuti dalla Turchia, tramite i quali Ankara spera di rafforzare la propria posizione in Siria.

La strategia degli USA ha molti punti deboli. Innanzitutto il governo di Damasco ha ribadito che attaccherà chiunque non decida di allearsi con Assad. Inoltre alcune unità delle Guardie della Rivoluzione Iraniane stanno combattendo in aiuto di Assad in Siria, nell’area fra Damasco e il Libano. In Iraq le milizie sciite filo-iraniane combattono contro l’ISIS fianco a fianco con i consiglieri americani. La strategia degli USA contro l’ISIS non può reggere se deve appoggiarsi in Iraq alle stesse forze con cui invece combatte in Siria.

Oltre a questi rischi sostanziali, non c’è alcuna certezza che la nuova forza abbia successo nello sconfiggere lo Stato Islamico: 5000 uomini all’anno sono una forza esigua, che potrebbe servire soltanto se diventasse il fulcro coordinatore di altri gruppi.

 

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