Grande Medio Oriente islamico,
attività diplomatiche intense

08/04/2015

Nei giorni scorsi (inizio aprile 2015) ci sono stati fitti incontri ad alto livello fra i governanti dell’Arabia Saudita e quelli di Turchia, Iran e Pakistan, cioè fra i grandi stati islamici che si dividevano il potere e le terre dal Mediterraneo all’Oceano indiano già 500 anni fa. Gli incontri, i cui risultati e dettagli non sono stati comunicati, erano ‘consultazioni’ sulla crisi in Yemen.

Guardando la mappa dei tre grandi imperi islamici dei primi decenni del 1500 (Impero Ottomano, Impero Safavide e Impero Moghul), che alternativamente combatterono e collaborarono a lungo fra di loro per il controllo della regione e dei mari, si capisce la logica degli incontri attuali. Ai tre imperi di allora si aggiunge oggi l’Arabia Saudita, che è emersa come potenza regionale autonoma soltanto in era industriale, grazie al petrolio. Pur essendo la culla dell’Islam e il motore della conquista islamica, le tribù arabe furono sempre troppo poco numerose per gestire il potere in vaste regioni. Dovettero arruolare e usare altre popolazioni non arabe per mantenere il controllo sull’impero, e furono queste popolazioni più numerose a finir col gestire il potere militare, amministrativo e politico in nome dell’Islam.

Nonostante la sua ricchezza, la potenza dell’Arabia Saudita è limitata dalla sua scarsa popolazione, oggi come in passato. Deve avere alleati potenti per garantirsi la sicurezza.

Il pericolo per l’Arabia Saudita è l’Iran, il cui espansionismo si basa su tre pilastri:

-     l’esportazione della rivoluzione islamista contro i governi della regione che la dottrina islamista ritiene illegittimi,

-    il sostegno a tutti i gruppi armati ribelli nelle zone che si affacciano sul Mediterraneo, sul Mar Rosso e sul Golfo Persico, per ottenere il controllo sulle rotte marittime attraverso cui passano le petroliere e i containers fra Asia ed Europa,

-    il controllo delle risorse petrolifere dell’attuale Iraq tramite il sostegno alla popolazione sciita irachena e gli interventi armati diretti in Iraq. 

L’attuale disgelo fra USA ed Iran e il ritiro degli USA dalla regione ha messo in grande allerta la monarchia saudita, che teme – a ragion veduta − che l’Iran susciti insurrezioni alla periferia, come quelle nello Yemen e in Bahrein, per poi rovesciare il governo saudita e sostituirlo con governi sottoposti all’egemonia iraniana (mappa a lato). Per i Sauditi è di vitale importanza avere il sostegno della Turchia e del Pakistan, grandi e popolosi paesi che hanno interesse a intrattenere buoni rapporti con il vicino Iran, ma anche a contenerne l’espansionismo, per evitare che diventi un pericolo anche per loro. Il sostegno dell’Egitto ai Sauditi è già esplicito ed è ovvio, visto che l’Iran minaccia proprio le rotte che passano attraverso il Canale di Suez, linfa vitale dell’economia egiziana. 

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