Ci serve ancora una scuola di modello prussiano?

10/04/2015

Ogni modello scolastico è espressione delle necessità del periodo storico in cui viene adottato. I modelli scolastici cambiano a fronte di profondi mutamenti politici, tecnologici e sociali. I grandi mutamenti in un settore richiedono e producono adattamenti anche negli altri, perciò ad esempio nel corso del 1800 in Europa il sistema di produzione industriale di massa, reso possibile dall’innovazione tecnologica del motore, ebbe bisogno di masse di lavoratori e di consumatori per sviluppare le sue potenzialità, che nei decenni avrebbero portato a società e culture molto più ricche di quelle precedenti. Si sviluppò allora la scuola pubblica di massa, l’adozione di una lingua e di una cultura condivisa da tutte le persone che vivevano all’interno dello stato, l’appartenenza allo stato venne ridefinita e valutata come appartenenza alla nazione, gli stati divennero nazionali.

Domandarsi oggi se il modello scolastico attuale sia ancora valido è quanto mai necessario. Il modello è lo stesso da secoli, risale addirittura alla Prussia del tardo Settecento. Allora l’idea di un sistema scolastico obbligatorio e a carico dello stato era rivoluzionario e nei due secoli successivi consentì di formare una classe media in grado di sostenere il settore industriale e di favorire la creazione di una cultura e di una lingua nazionale condivisa. Ma lo scopo non era formare pensatori indipendenti, quanto sfornare cittadini fedeli e lavoratori adattabili a diversi tipi di attività ripetitive, preordinate da un’autorità centrale, sia nel campo della produzione che nel campo dei servizi e della burocrazia. L’organizzazione e la natura dell’apprendimento erano funzionali a questo obiettivo: proporre singoli argomenti da imparare meccanicamente, tenere lezioni frontali seguendo un programma prestabilito dall’autorità centrale, limitando curiosità, possibilità di approfondimento e iniziativa personale.

Se nel “modello prussiano” creatività e pensiero logico potevano essere trascurati − o persino ostacolati − perché ritenuti meno importanti di altri aspetti, ora invece sono fondamentali. Scrive Salman Khan, fondatore della celebre Khan Academy (organizzazione che offre gratuitamente più di 4000 lezioni online sotto forma di video, sottotitolati in varie lingue): “[…] la realtà economica non favorisce più un lavoro passivo e disciplinato in aula […].Il mondo di oggi richiede lavoratori creativi, curiosi e autonomi, in grado di imparare per tutta la vita e di applicare idee innovative. Purtroppo, questo è proprio il genere di studente che il modello prussiano reprime attivamente.”

Come ben sintetizzato nel video che vi proponiamo, serve un nuovo modello didattico che combini una maggiore personalizzazione dell’apprendimento, la centralità delle competenze (conoscenza + capacità), l’apprendimento anche fuori dalle aule scolastiche e una maggiore responsabilizzazione dello studente nel percorso di apprendimento. Perché tutto ciò sia possibile, l’apprendimento non dovrà essere strutturato in termini di tempo, ma di obiettivi di comprensione e rendimento, privilegiando le esperienze dirette degli studenti e il lavoro di gruppo.

Sono principi già presenti nella pedagogia di grandi personaggi del passato come Maria Montessori, che sosteneva il primato delle esperienze individuali, o nella cosiddetta “pedagogia della padronanza”, sperimentata negli anni ’20 negli Stati Uniti. Partendo dall’assunto apparentemente lapalissiano che gli studenti devono comprendere adeguatamente un concetto prima di passare a una nozione più avanzata, la “pedagogia della padronanza” capovolse il metodo tradizionale in cui il tempo per imparare è fissato a priori, mentre è il livello di comprensione dei ragazzi a variare. Ne scaturirono buoni risultati, specie quando venne ripreso negli anni ’70: il divario accademico tra lenti e veloci si riduceva senza che i più bravi venissero rallentati e i docenti erano più soddisfatti del loro ruolo. 

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