L’Europa è in preda a una duplice crisi.
· La crisi dell’Unione Europea come istituzione.
Il progetto europeo è stato pensato non soltanto per favorire l’integrazione economica ma anche per creare un popolo europeo, unito e coeso. Non potendo eliminare i confini nazionali, e dato che le differenze storico-culturali fra i diversi paesi erano importanti, i padri fondatori dell’Europa unita speravano di creare un’identità comune europea che si sovrapponesse lentamente alle identità nazionali, ammorbidendone i contorni e cancellandone i particolarismi, grazie alla crescita della prosperità e alla diffusione di una cultura di pace in tutti i Paesi del continente. Ma, come si sa fin dai tempi dei faraoni, la prosperità è ciclica, e non è mai distribuita in modo abbastanza equo. Ora che la prosperità declina, il sogno di unità europea sta perdendo terreno e i popoli si rifugiano nel nazionalismo.
La crisi interna europea non è difficile da capire: la Germania è la quarta maggiore economia mondiale con un PIL basato per oltre il 50% sull’export – di cui la metà verso i paesi europei. L’euro ha favorito l’export tedesco, limitando al contempo le possibilità di sviluppo dei paesi che hanno bisogno di manovrare il tasso di cambio per contenere l’incidenza dei salari sui costi totali. Finché anche i paesi periferici sono cresciuti rapidamente, l‘Unione europea pareva funzionare bene. Ma la crisi economica iniziata nel 2008 ha inferto un duro colpo all’UE, in particolare ai paesi dell’Eurozona.
· La seconda crisi è insita nella divisione geografica e storica del continente fra l’Est, dove la presenza russa è incombente, e l’Occidente. Al confine fra est ed ovest c’è una regione che è sempre stata contesa fra diverse potenze, costituita da Bielorussia, Ucraina, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria. Dopo la Seconda Guerra Mondiale questi paesi furono sottomessi per quasi 50 anni alla Russia sovietica, dal 1989 in poi si avvicinarono con decisione iniziarono all’Unione Europea, mentre la Russia viveva una crisi devastante. Ma ora la Russia ha ritrovato la coesione interna e cerca di acquisire nuovamente quella profondità strategica ad Ovest, che le permise di difendersi dalle invasioni di Napoleone e di Hitler. Guarda perciò con molta preoccupazione alla possibile nascita degli Stati Uniti d’Europa con confini troppo vicini al cuore economico e demografico del popolo russo, e fa tutto il possibile per impedirne la creazione.
L’insieme di queste due crisi ha generato profonde divergenze fra paesi europei con interessi diversi. La Germania e, in misura minore, l’Austria e la Repubblica Ceca dipendono dal mercato unico europeo per le loro esportazioni. Nel caso di dissoluzione del mercato unico, la Russia rappresenterebbe per questi paesi una possibile estrema alternativa di mercato per le loro industrie .
L’Europa meridionale sta faticosamente cercando un percorso per uscire dall’austerità; ma la ripresa stenta ad arrivare, e alcuni paesi potrebbero anche decidere di fare default per ripartire, ed eventualmente tornare ad adottare misure di protezione, mettendo in discussione il libero mercato.
I paesi dell’Europa centrorientale sono in una posizione intermedia: fanno parte dell’UE ma non dell’eurozona, e il loro interesse è concentrato sul pericolo russo ben più che sulla crisi greca. La loro preoccupazione è che l’UE, priva di una politica estera e di difesa comune, potrà fare ben poco di fronte all’ingerenza russa.
Infine la Francia, il cui allineamento con la Germania costituisce il perno dell’Unione Europea, negli ultimi anni ha perso terreno e i suoi interessi non sono più del tutto allineati con quelli tedeschi in campo economico. Senza contare che deve affrontare i problemi provenienti dal Mediterraneo e dall’Africa del Nord, che invece interessano poco i Tedeschi ed i paesi dell’Est.
In sintesi, nell’UE molti paesi remano oggi in direzioni diverse, badando più ai propri interessi che a quelli comuni. Questo rende meno acuta la paura dei Russi, che peraltro sono alle prese con una situazione difficile. Il crollo del prezzo del petrolio e la scarsa diversificazione dell’economia sono il tallone d’Achille di Mosca. Ma anche dal punto di vista dell’intelligence e della capacità militare la recente crisi in Ucraina ha messo in luce punti deboli. L’intelligence russa non fu capace di prevedere la rivolta di Maidan. I Russi manovrano le milizie filorusse nell’Est dell’Ucraina senza peraltro ottenere risultati significativi, almeno per ora. La crisi ucraina ha provocato un calo di popolarità del presidente Putin nell’opinione pubblica interna, che potrebbe destabilizzare il governo.
Mentre l’Europa non riesce a trovare sufficiente coesione politica al proprio interno neppure per decidere come affrontare la questione del debito greco, il resto del mondo non sta fermo. La crisi greca non riguarda soltanto l’eurozona: riguarda l’intero Mediterraneo, i rapporti della Russia con il Medio Oriente, il futuro delle reti energetiche attorno al mar Nero. È importante che la crisi greca trovi soluzione in Europa.
I vostri commenti
Per questo articolo non sono presenti commenti.
Lascia un commento
Vuoi partecipare attivamente alla crescita del sito commentando gli articoli e interagendo con gli utenti e con gli autori?
Non devi fare altro che accedere e lasciare il tuo segno.
Ti aspettiamo!
Accedi
Non sei ancora registrato?
Registrati