Algeria: annunciate riforme necessarie,
ma pericolose

15/06/2015

Negli anni ’90 l’Algeria fu insanguinata dal terrorismo jihadista. Fin dal 1990 il Fronte Islamico di Salvezza otteneva la maggioranza assoluta in elezioni locali e nazionali. Le élite e i militari non volevano che gli islamisti prendessero il potere, perciò organizzarono un colpo di stato che a inizio del 1992 cancellò il risultato delle elezioni. Prese il potere una giunta militare. Il FIS reagì lanciando una campagna di stragi terroristiche tramite il proprio braccio armato, il GIA (Gruppo Islamico Armato), che fece migliaia di morti e finì così col perdere le simpatie della popolazione. Nel 1999 nuove elezioni portarono al potere l’attuale presidente Bouteflika, che ora è malato, non si ricandiderà alle elezioni del 2019, ma intende agevolare la transizione con un pacchetto di riforme, che entreranno in vigore verso fine anno.

Si teme che anche l’Algeria possa cadere nuovamente nella guerra civile islamista, come la vicina Libia, tanto più che la stabilità sociale del paese è indebolita dalla crisi economica generata dal basso prezzo internazionale del gas e del petrolio. L’energia rappresenta circa un terzo del PIL del Paese, la quasi totalità delle sue esportazioni (la seconda voce dell’export sono le olive) e il fondamento del bilancio dello stato. Lo stato algerino è riuscito a mantenere la coesione sociale con una spesa pubblica generosa e crescente, ma ora lo stato incassa troppo poco dall’export di energia e il suo bilancio è in deficit. Occorre riformare il sistema, perché possa reggere anche con entrate ridotte. È quello che il governo si appresta a fare. Auguri di successo agli Algerini! 

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