La Resistenza Iraniana da Parigi
è ora del regime change

16/06/2015

È sempre emozionante il raduno della Resistenza Iraniana (CNRI) che si tiene ogni anno in giugno a Villepinte per commemorare il massacro dei manifestanti che scesero in strada nel giugno del 1981 contro il regime khomeinista a Teheran, due anni dopo la rivoluzione che portò al potere gli Ayatollah. 

Molti i personaggi politici di spicco presenti alla manifestazione: da Rudolf Giuliani a John Bolton, da Giulio Terzi a Ingrid Betancour, molti altri ancora.

Il messaggio del convegno è chiaro, come evidenziato dalle parole che scorrono a caratteri cubitali sugli schermi dietro gli oratori: “regime change”. Gli Iraniani riuniti a Villepinte vogliono mandare un chiaro messaggio alla comunità internazionale, ai membri della Resistenza rinchiusi in campo Liberty e agli Iraniani in patria, sottolineando di essere pronti a battersi per avere pace, libertà e democrazia in Iran.

L’appassionato discorso della leader della Resistenza, Maryam Rajavi, si apre con un ringraziamento agli oltre 100 mila partecipanti e con l’invito a combattere fino alla fine perché “l’ora del cambiamento è vicina”. Sono almeno due, secondo Maryam Rajavi, i motivi per gioire.

1)   I negoziati sul nucleare sono un chiaro segno della debolezza del regime: proprio come nel 1988, quando fu costretto a “bere il calice amaro” e ad accettare la fine delle ostilità con l’Iraq, così ora il regime è costretto a scendere a patti con la comunità internazionale perché è debole sul fronte interno. Ora che la scadenza dei negoziati è vicina (30 giugno) la tensione sale. Le rivolte in Iran contro le dure misure repressive del regime (sono già oltre 1200 le impiccagioni dall’insediamento del “moderato” Rouhani nel 2013) continuano a moltiplicarsi nel silenzio della stampa internazionale, come dimostra il caso di Mahabad, nel Kurdistan iraniano.

Anche gli scontri in seno al regime fra l’ex presidente Rafsanjani e il leader supremo Khamenei sono segno delle divisioni interne.

2)   In politica estera, gli interventi iraniani in Medio Oriente sembrano destinati al fallimento. Nei tre principali teatri di guerra la Repubblica Islamica è in difficoltà:

a.     in Siria nonostante l’impiego della fanteria iraniana il regime di Assad, alleato storico dei mullah, non regge all’avanzata dei sunniti e alla ferocia dello Stato Islamico;

b.     in Iraq il principale alleato del regime, Nouri al-Maliki, è stato finalmente rimosso dal ruolo di premier dopo i terribili atti contro le tribù sunnite, che ancora oggi sono vessate e massacrate dalle milizie iraniane di al-Qods presenti in gran numero nel paese. Sono state le dissennate manovre di Teheran a provocare l’ascesa dell’ISIS, che ha potuto crescere grazie al consenso dei Sunniti iracheni, esclusi dal potere in Iraq.

c.      In Yemen la rivolta degli Houthi – appoggiata da Teheran – si è scontrata con la dura reazione dei paesi della Lega Araba che non lesinano sforzi per fermare l’avanzata dei ribelli sciiti.

Il regime si trova in una situazione delicata: non riesce ad avanzare ma non può permettersi di arretrare, perché potrebbero aprirsi nuove faglie all’interno, che rischierebbero di portarlo alla fine.

L’appoggio dell’aviazione USA alle milizie iraniane contro l’ISIS è un tragico errore, secondo la Resistenza: la Repubblica Islamica è la causa dell’attuale caos nella regione; continuare a nutrire la fonte dell’instabilità regionale è una scelta dalle conseguenze disastrose. La leader della Resistenza propone invece strategia che si articola in due iniziative parallele:

1)   riprendere i contatti per riarmare le tribù sunnite (l’ex movimento Sunni Awakening) che avevano contribuito alla pacificazione dell’Iraq al tempo del generale americano Petraeus. Si indebolirebbero così i gruppi estremisti e si pacificherebbe la regione;

2)   esercitare forte pressione per un cambio di regime a Teheran e dar vita a un’assemblea costituente che rediga una nuova costituzione, garantendo maggiore pluralismo, la separazione fra politica e religione e l’uguaglianza fra i cittadini.

Maryam Rajavi ricorda che il convegno del 2015 ha un significato particolare per la Resistenza: quest’anno si festeggia il 50° anniversario della fondazione dei Mojahedin e-Khalq, asse portante della Resistenza Iraniana, che dal 1965 lotta contro la dittatura – contro lo Scià prima e contro i Mullah dal 1981. Oggi come ieri i giovani Iraniani combattono per la libertà e l’uguaglianza di fronte alla legge, e non sono disposti a mollare.

Il discorso si conclude con l’augurio: “Che la vittoria sia con voi!”.

La folla esplode in un boato di gioia e accompagna con slogan e canti la leader che lascia il palco. La festa continua fino a sera con la speranza, come sempre, di festeggiare il prossimo anno a Teheran.

Reportage di Davide Meinero

 

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