Il 26 agosto 2015 il giornalista-cameraman Vester Flanagan uccise in diretta due ex colleghi della rete tv WDBJ, filmando l’intero evento con una cinepresa appesa al collo. Prima di sparare anche a se stesso, l’assassino, caratterialmente squilibrato, caricò il film sui social media, perché venisse visto da milioni di persone. Il suo caso probabilmente ispirerà altre persone mentalmente instabili. Negli assassinii spettacolari, o di personaggi di grande notorietà, c’è spesso la suggestione di un assassinio precedente. Robert Bardo, persecutore e assassino dell’attrice Rebecca Schaeffer nel 1989, scambiava lettere con Mark Chapman, in prigione per aver ucciso John Lennon nel 1980. Bardo mise persino una copia del libro ‘The Catcher in the Rye’ sulla scena del delitto, come aveva fatto Chapman. Oggi il teatro del macabro, che tanto affascina le menti disturbate in cerca di notorietà, è grandemente agevolato dalla possibilità di fare tutto da soli e diventare celebri in poche ore tramite i social media.
Anche i terroristi hanno molte più possibilità di impatto sull’opinione pubblica, anche se ‘lupi solitari’ isolati, non appartenenti a una organizzazione. A cavallo fra ‘800 e ‘900 gli anarchici dovevano riuscire a uccidere per lo meno un capo di stato per far parlare i giornali di sé e della loro causa. Nel 1972 i terroristi palestinesi che fecero strage della squadra israeliana alle Olimpiadi di Monaco ebbero bisogno della scena già pronta per i Giochi, nonché di una organizzazione complessa, che coinvolse dozzine di persone per un periodo prolungato di tempo.
Dagli anni ’90 il terrorismo internazionale pubblica i suoi manifesti in internet, via internet recluta nuovi membri, fornisce formazione, tiene i contatti. Il ‘lavoro’ di propaganda e reclutamento del terrorista è diventato veloce, di basso costo. Il ‘lavoro’ di documentazione è immediato: i miliziani dello Stato Islamico sono tutti dotati di cellulari, pronti a documentare e mettere online le ‘prodezze’ della conquista. Mohammed Merah (l’assassino di Charlie Hebdo) e Mehdi Nemmouche (l’assassino del Jewish Museum di Bruxelles) ripresero le proprie gesta con la loro videocamera. Haron Monis, l'assassino del caffè Lindt a Sidney, filmò gli ostaggi costretti a leggere il suo proclama e pubblicò immediatamente il video su YouTube.
C’è anche un rovescio della medaglia: la documentazione video prodotta dagli assassini e dai passanti occasionali viene studiata da chi conduce le indagini per capire i dettagli della pianificazione e della realizzazione degli attentati, al fine di ricavarne spunti per riuscire a prevenire atti simili condotti con modalità simili, oltre che per identificare rapidamente i responsabili stessi, spesso grazie al confronto con altri video trovati online.
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