Negli ultimi venticinque anni il Giappone ha vissuto una serie di crisi finanziarie e ha visto lentamente diminuire la propria importanza economica e politica, come conseguenza della fine della Guerra Fredda e del pieno inserimento della Cina nel sistema economico globale. Tuttavia il Giappone è ancor oggi la terza maggiore economia del globo e ha una tradizione grande di stabilità politica: da 60 anni è governato dagli stessi partiti, anche se in coalizioni a geometria variabile. Il perno della stabilità politica è il Partito Liberal-democratico, sostenuto dai grandi conglomerati industriali (keiretsu in giapponese) e dalle loro maestranze.
Durante la Guerra Fredda il Giappone fu il perno dell’alleanza occidentale nel Pacifico. In quanto tale godette di grandi aiuti da parte degli USA, che condivisero con i Giapponesi le loro tecnologie d’avanguardia e aprirono completamente il loro mercato interno alle importazioni dal Giappone. Ma già nel 1985 il Plaza Accord iniziò a cambiare le condizioni. Francia, Germania dell’Ovest e Stati Uniti si accordarono per accettare la svalutazione del dollaro americano, al fine di rendere più competitivi i prodotti americani. Lo yen giapponese in due anni aumentò molto di valore, attirando capitali da tutto il mondo nel mercato immobiliare giapponese. Ne nacque un’enorme bolla finanziaria che scoppiò nel 1990, coinvolgendo le banche giapponesi. La crisi che ne conseguì durò per oltre un decennio. Non trovando occasioni di investimento in Giappone, i Giapponesi andarono a investire all’estero, sia aprendo fabbriche nei paesi dove il costo della manodopera era molto basso, sia aprendo aziende di vendita in Europa e in America.
L’economia giapponese da allora non ha più ritrovato slancio, nonostante le prolungate politiche di ‘stimolo’, perché i suoi problemi sono strutturali. Per mantenere il pieno impiego, obiettivo primo della politica di tutti i governi giapponesi, la burocrazia pubblica è troppo numerosa, le procedure soffocanti, il debito pubblico è altissimo e cresce sempre, anche le aziende private assumono più impiegati del necessario (il 38% della forza lavoro è part-time, per non lasciare nessuno disoccupato), ma in cambio chiedono di essere protette dalla competizione dei beni di importazione a prezzo basso. Anche gli agricoltori sono protetti dalle importazioni a prezzi minori, dato che l’autosufficienza alimentare è una priorità strategica. Ma il territorio giapponese è talmente poco adatto all’agricoltura che i costi dei prodotti sono superiori anche del 100 % a quelli prevalenti sul mercato globale. C’è però un rovescio della medaglia, che permette al Giappone di avere una grande economia: il Giappone spende molto in ricerca e sviluppo, perciò è molto competitivo e innovativo nelle industria high tech.
Il fattore più preoccupante per il futuro dell’economia giapponese è la demografia. Oggi il 26% della popolazione ha più di 65 anni e la sicurezza sociale per gli anziani costa già il 35% del bilancio pubblico. Fra quindici anni la quota di popolazione sopra ai 65 anni sarà del 35%, la popolazione attiva conterà circa 5 milioni di persone in meno.
Dal punto di vista geopolitico il Giappone deve fare i conti con la crescente potenza della Cina in campo economico, politico e militare. La Cina non è per ora un vicino temibile perché è ancora concentrata nella riforme dell’economia e della struttura sociale all’interno. Queste riforme la terranno probabilmente impegnata per 10-15 anni. Poi però potrà voler diventare un egemone globale, dunque i suoi vicini, prima di tutto il Giappone, debbono iniziare a prepararsi sia per reggere il confronto, sia per proporre una strategia di buona collaborazione. Per il Giappone questo comporta una revisione dei rapporti sviluppati durante la Guerra Fredda − con gli USA da un lato e con i Russi dall’altro. Comporta anche la revisione della norma della Costituzione che proibisce la formazione e il riarmo di un nuovo esercito giapponese pronto a combattere sui mari e all’estero.
Il Giappone ha un contenzioso con la Russia per la sovranità su alcune isole al nord, mentre gli USA hanno una base militare nell’isola di Okinawa, a sud. Il contenzioso con la Cina e con le Filippine per la sovranità su alcune altre isole è di lunga durata, ogni tanto si accende in schermaglie o scontri, ma sino ad ora la situazione è rimasta piuttosto tranquilla, grazie al pattugliamento di aerei e navi USA che mantengono aperti cieli e mari. Ma questo potrebbe cambiare nell’arco dei prossimi anni, perciò il Giappone sente ora l’urgenza di esser capace di difendersi in proprio. Nei prossimi anni aumenterà certamente la spesa pubblica per la sicurezza e per gli armamenti.
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