Questa mappa delle vie della seta nell’antichità spiega millenni di storia. Si tratta di una serie di percorsi fra l’Europa e la Cina, via terra e via mare, seguiti per oltre 2500 anni per gli scambi in Eurasia, dall’Estremo Oriente al Mediterraneo. Con l’apertura del canale di Suez il percorso attraverso l’Egitto è diventato interamente marittimo. Inoltre da circa 100 anni l’area attorno al Mar Caspio e la Mesopotamia non è soltanto zona di transito dei commerci, ma anche produttrice ed esportatrice dei beni più preziosi: petrolio e gas, cioè le fonti principali di energia. Per questo è anche un crogiolo di rivalità, di guerre e guerriglie.
Da Alessandro Magno in poi, la storia del continente euro-asiatico ha avuto come epicentro il controllo delle vie della seta, cioè del commercio tra l’Estremo Oriente e l’Europa. Chi ha il controllo di queste vie può regolare e imporre tasse per tutte le attività che fioriscono in collegamento con i commerci: trasporti, servizi di custodia e di magazzinaggio, trasformazione in manufatti artigiani, imballaggi, servizi finanziari, assicurazioni, locande e ristorazione. Le mappe dei grandi imperi che si sono susseguiti da Alessandro Magno in poi (nella photogallery in basso) illustrano chiaramente come tutti avessero come obbiettivo il controllo della maggior parte possibile delle ‘vie della seta’, per terra o per mare.
Dalla seconda metà del 1300 in poi gli Europei tentarono di aprire vie marittime verso l’Estremo Oriente che aggirassero il territorio controllato degli Arabi e dagli Ottomani, che imponevano tasse esagerate e non garantivano la sicurezza. Si inoltrarono arditamente nell’Oceano per primi i Portoghesi, poi anche gli Spagnoli, che nella ricerca di una nuova via verso l’Estremo Oriente, allora definito ‘le Indie’, trovarono il Nuovo Mondo, il continente americano. Ed ecco la seconda mappa che spiega la storia degli ultimi 500 anni. Gli Europei estesero il loro dominio sulle Americhe e sugli Oceani e la loro civiltà divenne la civiltà ‘occidentale’, basata sul diritto-dovere di condividere le vie commerciali e di comunicazione fra tutte le nazioni. Per questo la civiltà occidentale definisce se stessa come ‘libera’: non europea, non americana, non cristiana, ma ‘libera’. Dalla fine del 1700 in poi prima i Francesi, poi gli Inglesi, quindi gli Americani si fecero protettori, anche con le armi, del libero commercio e del libero flusso di informazioni – quindi di pensiero − nel mondo. L’apertura dei cieli, dei mari e di internet a tutti i popoli e l’applicazione di uguali condizioni a tutti i partner commerciali del mondo costituiscono la base dell’ideologia e della prassi della nostra civiltà ‘libera’. Che così si persegua anche il proprio interesse e si cerchi di guadagnarci è lampante, ma è pur sempre un enorme progresso che oggi il commercio internazionale sia regolato dalle norme dell’OMC che garantiscono a tutti uguale trattamento, non dalla forza delle cannoniere o da bande di predoni. Le istituzioni sovranazionali oggi funzionano male, ma costituiscono pur sempre un progresso rispetto al passato. E non escludono a priori nessuno.
La libertà è per sua natura indivisibile, perché richiede di agire in modo autonomo, esercitando il senso di responsabilità personale. Non si può chiedere alle persone di essere autonome e responsabili sul lavoro ma non in famiglia, in alcuni tipi di lavoro ma non in altri. Non si può chiedere loro di avere idee nuove in campo tecnico o scientifico, ma non in politica. La libertà è faticosa, distruttiva oltre che creativa, ma alla lunga produce crescita e sviluppo. L’augurio che facciamo a noi stessi e a tutti gli amici per il 2016 e per gli anni successivi è che sappiamo difendere ed esercitare al meglio la nostra libertà.
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