Le opzioni di Putin, tutte vincenti

19/02/2016

Fino a poche settimane fa gli USA consideravano l’intervento di Putin in Siria una dimostrazione costosa di potenza, destinata a un sostanziale fallimento, dopo un periodo di logoramento sul terreno. Ma hanno sottovalutato la complessità della scacchiera, e il fatto che la Russia ha qualche cosa da guadagnare da qualsiasi esito.

Oggi la Russia vacilla economicamente sotto il peso delle sanzioni e dei bassissimi prezzi del gas e del petrolio che esporta. Anziché tirare i remi in barca e ridurre le spese, Putin ha audacemente alzato la posta bombardando la Siria dal Caspio, mandando forze di mare e di terra sulla costa del Mediterraneo e abbattendo un aereo turco sui cieli della Siria: ha costretto Iran, Turchia, Arabia Saudita, e Stati Uniti e prestargli attenzione, ha riaffermato l’interesse strategico russo alla regione del Mar Nero, del Caucaso e del Medio Oriente; ha messo in luce il doppio gioco della Turchia sia nei confronti dei Curdi (bombarda quelli vicini, aiuta quelli più lontani a esportare il petrolio), sia nei confronti dell’ISIS (gli permette di esportare clandestinamente il petrolio e di importare clandestinamente un po’ di tutto).

L’intervento russo ha permesso ad Assad di riconquistare Aleppo, e ha aumentato il flusso di profughi in fuga dal nord della Siria, aumentando le difficoltà della Turchia e dell’Europa. Ora l’Europa sa che per frenare il flusso dei profughi e tentare di fermare davvero la guerra civile in Siria non basta discutere con la Turchia, occorre negoziare innanzi tutto con la Russia − e la Russia in cambio di qualche tipo di collaborazione chiederà l’abolizione delle sanzioni. L’Ungheria è pronta a sostenere la richiesta di Putin, altrettanto potrebbero fare altri stati dell’Est Europa, pur di frenare il flusso di migranti che risalgono i Balcani.

L’intervento russo ha sottolineato l’indecisione e i limiti della politica degli USA e indotto molti Europei a pensare che forse è meglio iniziare a trattare direttamente con la Russia, anziché seguire la leadership americana. È soprattutto questo che preoccupa gli USA: la possibile perdita di credibilità e di peso della NATO. Non a caso è stato deciso che saranno navi NATO a pattugliare l’Egeo per soccorrere i migranti e poi riportarli in Turchia.

I bombardamenti russi provocano stragi di civili, ma per ora l’opinione pubblica le sopporta, perché i Russi sostengono di bombardare i terroristi di al Nusra, cioè al Qaeda in Siria, e l’ISIS. In realtà bombarda soprattutto i ribelli anti-Assad che non sono né di al Nusra né dell’ISIS, ma non è facile dimostrarlo.

I Russi sostengono i Curdi in Siria, che invece sono attaccati dalla Turchia, e acquistano così benemerenze presso i molti Curdi della regione, inclusi quelli del Kurdistan Iracheno, ricchissimo di petrolio. Sostenere i Curdi nella loro richiesta di autonomia, come la Russia ha fatto sin dal tempo degli Zar, significa aver la possibilità di creare grossi problemi sia all’Iran, sia alla Turchia, sia all’Iraq, tutti paesi che hanno forti minoranze curde in zone di frontiera. I Curdi del Partito di Unione democratica, di cui lo YPG è il braccio armato, hanno appena aperto un loro ufficio di rappresentanza a Mosca. Sono gli stessi che la Turchia accusa di compiere attentati terroristici nelle città turche. La Turchia, paese NATO, esige che gli altri paesi NATO si schierino dalla sua parte: ma i Curdi sono gli unici che abbiano davvero combattuto e sconfitto l’ISIS in Iraq, con l’appoggio aereo degli USA. Ora gli USA (e i Sauditi) si ritrovano nella strana posizione di essere alleati dei Curdi in Iraq e ‘nemici’ degli stessi Curdi qualche chilometro più in là, in Siria, per non turbare i rapporti con la Turchia.

Turchia e Arabia Saudita ogni giorno annunciano l’invio di truppe di terra in Siria − contro chi? Contro Assad e contro l’ISIS? Ma sfidare Assad significa sfidare la Russia in campo aperto, e anche l’Iran, perché entrambi sostengono Assad.

Se la Turchia cercherà un accordo con la Russia, anziché continuare a sfidarla, il ramoscello d’ulivo è già pronto: la costruzione con capitali e tecnologia russa di un oleodotto e di un gasdotto che dall’Asia Centrale raggiungano il sud dell’Europa attraverso la Turchia stessa. Questo progetto, già proposto negli anni scorsi, darebbe alla Russia il controllo sui prezzi e sulle quantità di petrolio e di gas esportate dall’Asia Centrale, creerebbe rapporti d’interesse forti con la Turchia, con i paesi del Sud Europa e dell’Asia Centrale, e allontanerebbe l’Iran dal Mediterraneo, con soddisfazione di tutti, anche della Russia, che preferisce che l’Iran rivolga l’attenzione a sviluppare i commerci e gli oleodotti con la Cina e il Pakistan, non con l’Europa, dove la Russia controlla il mercato.

Se Turchia e Arabia Saudita si scontrassero davvero sul terreno con i Russi in Siria, gli USA sarebbero tirati per i capelli dentro un conflitto in cui si troverebbero a sostenere indirettamente l’ISIS e al Qaeda contro l’Iran e contro i Curdi! Oppure dovrebbero rinunciare a prestare aiuto alla Turchia − membro della NATO − contro la Russia, perdendo la fiducia di tutti i paesi dell’Europa Orientale che temono la Russia e hanno la protezione NATO

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