Un articolo di Ufuk Sanli su al Monitor del 16 marzo mette in luce il ruolo del petrolio nelle prese di posizione dei Curdi e dei Russi rispetto alla Turchia. Dopo l’abbattimento dell’aereo militare russo da parte della Turchia lo scorso novembre, Putin ha adottato la strategia per cui “il nemico del mio nemico è mio amico”. Così ha lanciato nella politica internazionale il PYD, (Partito Siriano Curdo d’Unione Democratica), che è la branca siriana del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), di tradizioni comuniste rivoluzionarie, che la Turchia considera gruppo terroristico. Il PKK è presente e attivo nelle aree curde sia in Turchia, sia in Iraq, sia in Siria, ma in Turchia è fuorilegge. Il PYD ha recentemente aperto una sede di rappresentanza a Mosca, offerta dal governo russo. Non si tratta soltanto di un dispetto di Putin ai Turchi, ma di una mossa nella guerra per il controllo del mercato dell’energia.
La Turchia importa dalla Russia il 55% dell’ energia che le serve. Visto il deterioramento dei rapporti, Erdogan sta accelerando i progetti volti a ridurre la dipendenza della Turchia dal gas russo. L’ovvia alternativa al gas russo sono i grandi giacimenti di gas del vicino Kurdistan iracheno. Ankara perciò ha avviato la costruzione della sezione turca di un gasdotto verso il Kurdistan iracheno. L’Unione delle Comunità del Kurdistan, associazione politicamente vicina al PKK, ha subito dichiarato che non permetterà la costruzione del gasdotto. Un paio di giorni più tardi il PKK ha compiuto e rivendicato l’attentato a una sezione dell’oleodotto (mappa a fianco) che porta il greggio iracheno e curdo fino al porto turco di Ceylan, sul Mediterraneo. L’oleodotto, che trasporta abitualmente 600.000 barili al giorno, è rimasto chiuso per 23 giorni, causando alla già provata economia del Governo Regionale del Kurdistan (KRG) un durissimo colpo. Gli attentati agli oleodotti del PKK vogliono troncare le ambizioni internazionali di Ankara in ambito energetico e scoraggiare gli investitori dall’avventurarsi in progetti con la Turchia. Danneggia sia la Turchia sia il KRG (Governo del Kurdistan Iracheno) e fa il gioco dei Russi e degli Iraniani. Il Governo del Kurdistan Iracheno ha urgente bisogno di raddoppiare le esportazioni di gas e petrolio, per poter continuare al guerra all’ISIS. Se non può farlo tramite la Turchia per l’opposizione del PKK, può tentare di farlo attraverso il confinante Iran, che infatti ha appena proposto al KRG la costruzione di un nuovo oleodotto.
Intanto il PKK ha dichiarato di voler impedire l’altro grande progetto energetico turco, il TANAP (gasdotto trans-anatolico) (mappa a fianco), che dovrebbe portare il gas del Mar Caspio al Sud Europa passando per la Turchia, per ridurre la nostra dipendenza dal gas della Russia. La costruzione è iniziata circa un anno fa e nel mese di luglio il PKK ha attaccato un treno merci che trasportava materiali da costruzione per il TANAP, uccidendo un lavoratore. In agosto il PKK ha poi compiuto due attentati al gasdotto che già porta 6 miliardi di metri cubi di gas dall’Azerbaijian alla Turchia attraverso la Georgia.
Per Putin l’abbattimento dell’aereo russo da parte della Turchia è stata una fortuna: gli ha fornito l’opportunità di agire deliberatamente per far fallire i progetti turchi ed europei volti a diminuire la dipendenza dal gas russo, manovrando il PKK e il suo affiliato siriano.
Nel 2012 Erdogan era riuscito a portare il PKK al tavolo dei negoziati, con il sostegno di Stati Uniti, Gran Bretagna, UE e Russia. Ma ora la situazione è radicalmente cambiata dal punto di vista politico: i Curdi godono delle simpatie dell’Occidente per il loro impegno nella lotta contro l’ISIS, perciò nessuno è politicamente pronto a sostenere Erdogan contro i Curdi. Oggi la Turchia è rimasta quasi senza amici a livello internazionale. E ogni giorno di stallo nella realizzazione di progetti energetici internazionali che passino attraverso la Turchia si traduce in flussi certi di denaro nelle casse russe.
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