Nel 2014 in Kazakistan è stato introdotto il diritto di proprietà privata della terra, ma soltanto per i cittadini; gli stranieri possono averla in affitto per un periodo massimo di 25 anni. Ora il governo intendeva metter all’asta circa 1,7 milioni di ettari di terreni agricoli per rimpolpare le entrate dello stato, danneggiate dai bassi prezzi del petrolio. Ma è stato costretto a sospendere la vendita, perché l’opinione pubblica era straordinariamente allarmata e infuriata da pettegolezzi sviluppati sui social media, secondo i quali la terra sarebbe stata venduta a investitori cinesi. Dopo decenni di propaganda sovietica e millenni di esperienza di migrazioni e invasioni, i Kazaki temono irrazionalmente la perdita della loro terra, fino al punto di ribellarsi al loro leader Nazarbayev, che pure ha gestito solidamente il potere fin dal 1984. Il governo non è riuscito a tranquillizzare l’opinione pubblica. Il 24 aprile sono iniziati disordini a Atyrau, sul Caspio, che si sono poi estesi a cittadine vicine e hanno raggiunto la capitale Almaty. Si temono disordini più vasti, dato che si sono mobilitati anche i sindacati, minacciando di fermare il paese.
Un’altra preoccupazione per il governo è il comportamento della popolazione russa, che è minoranza del 20% in tutto il paese, ma è maggioranza al nord. Dopo l’annessione della Crimea alla Russia, perché la maggior parte della popolazione che vi risiede è russa pur essendo parte dello stato ucraino, i Kazaki temono che succeda la stessa cosa alle loro regioni del nord. Perciò il governo ha deciso di offrire incentivi alle famiglie ucraine che si spostano dal sud per andare a vivere al nord.
I sentimenti anti-cinesi e la paura della Russia sono molto diffusi anche negli altri paesi dell’Asia Centrale. Nel timore che le manifestazioni anti governative in Kazakistan contagino anche la popolazione uzbeka, il governo dell’Uzbekistan ha imposto ai media di non darne notizia.
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