Hezbollah è un partito politico e gruppo paramilitare sciita che da anni Stati Uniti ed Europa annoverano tra le organizzazioni terroristiche. Grazie ai finanziamenti di Iran e Siria dispone di un considerevole numero di uomini armati, di un’organizzazione politica forte e di una rete capillare di servizi in Libano, dove è considerato una sorta di “stato nello stato”. La sua ragion d’essere – la resistenza alla presenza di Israele e delle potenze occidentali in Medio Oriente – ne ha fatto un fedele alleato dell’Iran, ma la partecipazione alla guerra civile siriana a fianco del regime di Assad gli ha alienato le simpatie di parte dei Libanesi e ha causato rappresaglie a Beirut.
Origini, ideologia e struttura gerarchica
Hezbollah (“Partito di Dio”) nasce durante la guerra civile libanese (1975-1990), dopo l’invasione da parte di Israele del sud del Libano nel 1982. Israele voleva espellere i militanti palestinesi che operavano in quell’area, ma questa mossa indusse una parte degli sciiti a prendere le armi per sostenere la creazione di una teocrazia ispirata all’Iran di Khomeini. Il movimento ottenne sostegno economico e addestramento proprio dalle Guardie della Rivoluzione Islamica. Gli attacchi suicidi all’ambasciata e alle caserme statunitensi a Beirut nell’ottobre del 1983 causarono la morte di 258 Americani e rafforzarono l’immagine del gruppo come leader della ‘resistenza’ sciita. Pochi mesi dopo il presidente Reagan ritirò i marines che erano parte della forza multinazionale di peacekeeping in Libano, premiando di fatto la tattica terroristica di Hezbollah.
Il manifesto di Hezbollah risale al 1985 e sancisce la fedeltà del movimento all’ayatollah Khomeini, auspica la nascita di un regime islamico e chiede l’espulsione di Stati Uniti, Francia e Israele dal territorio libanese, oltre che la distruzione dello stato di Israele. Il manifesto recita: “Il presupposto della nostra lotta contro Israele è che l’entità sionista, sin dalle sue origini, ha natura aggressiva ed è costruita su terre strappate ai legittimi proprietari, a spese dei musulmani. Pertanto la nostra lotta potrà dirsi conclusa solo con l’eliminazione di questa entità. Non sigleremo alcun trattato con essa, non accetteremo alcun cessate-il-fuoco e alcun accordo di pace”. È una dichiarazione di principio che rispetta i principi proclamati in politica estera dal regime iraniano, oltre che da tutti gli altri gruppi islamisti, che si qualificano come islamisti proprio perché considerano la religione come unica legittimazione del potere e quindi del diritto a esistere degli stati. Gli islamisti possono concludere tregue temporanee e trattati temporanei con controparti non islamiche per motivi tattici, ma non rinunciano al principio di considerare illegittimo qualunque governo non sia islamico, e da abbattere in via prioritaria qualunque governo non islamico instaurato su terre che in passato sono state islamiche.
La carica più importante in Hezbollah è quella di Segretario Generale, scelto da un consiglio di sette membri, che a sua volta supervisiona cinque consigli a esso subordinati. Dal 1992 il segretario generale è Hassan Nasrallah. Altri membri di spicco sono Naim Qassem, secondo in capo, e Hussei al-Khalil, consigliere politico di Nasrallah. Per più di vent’anni l’ideatore degli attacchi terroristici è stato Imad Fayez Mugniyah, ucciso in un attentato con autobomba a Damasco nel febbraio del 2008.
Dove opera
Hezbollah ha la propria base nelle aree a maggioranza sciita del Libano, compresa parte di Beirut, il sud e la Valle della Beqaa, importante regione agricola dell’est. Israele ha lasciato il sud del Libano nel 2000, ma nell’estate del 2006 gli attacchi periodici di Hezbollah sono sfociati in un conflitto aperto con Israele, durato un mese, in cui Hezbollah ha lanciato migliaia di razzi nel territorio israeliano. L’uso da parte del gruppo di armi sofisticate, probabilmente fornite dall’Iran, ha colto di sorpresa i comandanti militari israeliani e, anche se Hezbollah ha subito molte perdite, la guerra ha rafforzato la sua immagine.
Oltre che per combattere Israele, Nasrallah ha pubblicamente dispiegato le sue forze per sostenere il regime siriano, alleato di lungo corso. “Questa battaglia è nostra .. e ti prometto che vinceremo” ha detto in un messaggio alla televisione rivolto ad Assad. Secondo alcuni analisti occidentali, l’apporto dei miliziani di Hezbollah è stato finora cruciale per la sopravvivenza del regime: gli uomini di Hezbollah hanno aiutato le forze siriane a riprendere la città strategica di Qusayr e a mantenere in sicurezza i corridoi per gli approvvigionamenti nella Valle di Beqaa. Ma la decisione di mandare corpi di spedizione in Siria ha segnato una svolta per Hezbollah, che ha lasciato il sud del Libano potenzialmente esposto a Israele (che non ha compiuto nessuna mossa aggressiva). Molti sciiti libanesi oggi temono che Hezbollah si sia spinto troppo in là e abbia tradito il suo impegno in Libano in favore dell’alleanza con l’Iran e la Siria di Assad.
Secondo il Dipartimento di Stato americano il gruppo ha cellule attive anche in Europa, Africa, Asia e America Latina e nel 2012 Obama lo ha definito “il gruppo terroristico tecnicamente più avanzato al mondo”. Finanziato dall’Iran con 200 milioni di dollari l’anno, Hezbollah ha compiuto − direttamente o tramite gruppi affiliati − attacchi terroristici imponenti, come quello contro strutture americane a Beirut nel 1983 o il dirottamento del volo TWA 847 nel 1985. Molti altri gli vengono attribuiti: le autobombe contro l’ambasciata israeliana e il centro della comunità ebraica in Argentina rispettivamente nel 1992 e 1994, l’uccisione del primo ministro libanese Rafik Hariri nel 2005 e la bomba sul bus di turisti israeliani in Bulgaria nel 2012.
Il peso all’interno della politica libanese
Hezbollah è entrato sulla scena politica libanese agli inizi degli anni ’90 in seguito agli Accordi di Ta’if che, attraverso la mediazione di Arabia Saudita e Siria, posero fine alla guerra civile, ma consentirono a Hezbollah di mantenere le armi e all’esercito siriano di restare nel paese per garantire la pace. Nel 1992 Hezbollah è entrato per la prima volta in parlamento, conquistando 8 dei 128 seggi a disposizione. La forza politica del gruppo è cresciuta in modo significativo nel maggio 2008, quando il cosiddetto accordo di Doha − un’intesa tra maggioranza e opposizione per permettere l’elezione del capo dello Stato e creare un governo di unità nazionale dopo una crisi politica durata 18 mesi − gli ha sostanzialmente concesso il potere di veto. Qualche mese dopo le elezioni del 2009, in cui Hezbollah si è aggiudicato 10 seggi, Nasrallah ha diffuso un nuovo manifesto che pare sancisca il passaggio graduale del gruppo dal millenarismo khomeinista a un approccio islamista nazionalista. Il rifiuto di Israele resta invece un punto fermo, come sostiene Nasrallah stesso: “Questa convinzione è salda, permanente e definitiva e non sarebbero ammessi passi indietro o compromessi anche se tutto il resto del mondo riconoscesse Israele”.
Nel 2011 Hezbollah ha fatto cadere il governo di Saad Hariri, sunnita sostenuto dai Sauditi, mentre nel 2013 ha costretto alle dimissioni il suo successore, Najib Mikati. Ora tra i principali motivi di scontro politico interno c’è proprio l’intervento militare di Hezbollah in Siria, a causa del quale i sunniti che si oppongono ad Assad hanno minacciato attacchi a Beirut. Dal gennaio 2014 la politica libanese è in una situazione di stallo e a novembre un nuovo movimento politico creato da Saad Hariri ha detto che formerà un governo di coalizione con Hezbollah soltanto se Hezbollah lascerà la Siria, condizione che Nasrallah ha categoricamente escluso. Hezbollah si trova dunque a un bivio politico perché il suo coinvolgimento in Siria lo costringe a definire la propria natura: è un’organizzazione nazionalista libanese o un gruppo interessato a espandere gli interessi sciiti in Medio Oriente? Il suo futuro dipende dall’atteggiamento che assumerà l’Iran nella regione e dall’esito del conflitto siriano: Hezbollah potrebbe esserne rafforzato e dominare la futura scena politica del paese, o perdere l’appoggio di parte della comunità sciita libanese e uscirne profondamente ridimensionato.
(Fonte: Council on Foreign Relations)
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