Il Vietnam cerca la protezione USA per timore della Cina

17/06/2016

Il 15 giugno 2016 Francesco Sisci ha scritto (per il sito CAP X) che durante il suo viaggio in Vietnam il presidente Obama ha operato il rovesciamento della politica americana degli ultimi 45 anni. Nel 1971 Nixon visitò la Cina per costruire un’alleanza che compensasse la perdita del Vietnam e allontanasse la Cina dall’Unione Sovietica. Nel 1978 Carter approvò la guerra della Cina contro il Vietnam, che aveva invaso la Cambogia per liberarla dai Khmer Rossi filo-cinesi. Da allora in poi gli Stati Uniti acconsentirono all’esportazione verso la Cina dell’alta tecnologia necessaria per il rapidissimo ammodernamento del paese. La visita di Obama in Vietnam ha segnato la fine dell’embargo sulla vendita di tecnologia militare americana al Vietnam, che invece rimane per la Cina. Il Vietnam sta per diventare un fulcro di attività militari in Asia, in alleanza con gli USA e il Giappone. Il terzo polo dell’alleanza potrebbe essere l’India, che già ha accordi di collaborazione militare con il Giappone e con il Vietnam.

Sisci si chiede perché, e giunge alla conclusione che a spaventare i vicini è il fatto che la Cina inizia a far valere la sua volontà in ambito internazionale. Dalla morte di Mao fino al 2008 la Cina ha affrontato ogni tipo di problema internazionale con spirito estremamente umile e cooperativo, mentre ora si permette di fare la voce grossa, o per lo meno di dire no a certe richieste, grazie alla sua nuova forza economica e militare.

Ecco qualche esempio.

Nel 2009 uno dei primi atti di Obama come presidente fu una richiesta pubblica alla Cina di rivalutare la sua moneta, ma la richiesta fu ignorata, anche se per anni fu proprio il massiccio acquisto di titoli del tesoro americani da parte della Cina a dar fiato alla politica americana di rilancio dell’economia attraverso l’aumento del debito. Nei paesi vicini l’allarme è scattato quando la Cina ha cambiato la sua politica riguardo alle rivendicazioni territoriali nel Mar Cinese Meridionale. Fino al 2009 l’argomento era stato congelato di diritto e di fatto, in attesa che una lunga esperienza di collaborazione pacifica e di navigazione aperta a tutti sviluppasse piena fiducia reciproca fra i paesi per cui quel tratto di mare ha importanza vitale e permettesse di raggiungere il consenso con facilità. La politica non è ufficialmente cambiata, ma dal 2010 vascelli e pescherecci cinesi accedono quotidianamente a scogli e isolotti contesi, pescano o conducono esplorazioni in acque contese. Molti di questi vascelli sono armati, anche se non sono mezzi militari: sono milizie popolari armate. Si tratta di pescatori o geologi o mercanti che, oltre a condurre le loro normali attività civili, raccolgono informazioni di intelligence e usano armi per difendersi da eventuali attacchi o per soccorrere altre barche in mare. La maggior parte delle milizie popolari armate attive nel Mare Cinese Meridionale hanno la loro base sull’isola di Hainan, in faccia alle coste del Vietnam. Dal 2011 in poi ci sono stati sei scontri fra queste milizie e vascelli vietnamiti o filippini (vedi mappa). Proprio il fatto che non si tratti di mezzi militari permette alla Cina di negare qualunque responsabilità degli incidenti, in quanto avvengono fra gruppi di privati, a seguito di dispute che non riguardano il governo dello stato.

La Cina inizia appena a flettere un po’ i muscoli, ma i vicini già temono i pugni. 

Dalla morte di Mao fino al 2008 la Cina ha affrontato ogni tipo di problema internazionale con spirito estremamente umile e cooperativo, mentre ora si permette di fare la voce grossa, o per lo meno di dire no a certe richieste, grazie alla sua nuova forza economica e militare

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