Turchia: che cosa è in gioco

26/07/2016

Il tentato colpo di stato in Turchia e la repressione di Erdogan avranno conseguenze di grande peso su tutta la regione. La più immediata riguarda il futuro dei ribelli siriani che stanno combattendo duramente ad Aleppo, assediati dalle forze di Assad. Sino a ora i rifornimenti e le armi ai ribelli sono arrivati tramite la Turchia. Ora l’epurazione in atto nell’esercito sta già rendendo irregolare il flusso logistico, man mano che gli ufficiali che lo organizzavano e lo facevano funzionare vengono epurati. Nel frattempo gli USA cercano un riavvicinamento alla Russia per combattere insieme contro i ribelli di al Nusra affiliati ad al Qaeda, che sono attualmente alleati con gli altri ribelli sul fronte di Aleppo. Ciò rende poco probabile che gli USA intervengano a rifornire i ribelli ad Aleppo se la logistica dell’esercito turco non funzionasse più. I ribelli di Aleppo dovranno affrontare le forze di Assad senza poter contare sui rifornimenti dall’estero, il che probabilmente significa che Aleppo verrà riconquistata dall’esercito regolare.

La conseguenza di più lungo periodo si vedrà quando sarà chiaro se la repressione di Erdogan porterà alla fine della democrazia, o se dopo qualche tempo le forme della democrazie verranno ripristinate. La Turchia è stata sino a ora l’unico esempio di democrazia islamica nella regione, insieme alla Tunisia. In tutti gli altri paesi i tentativi di conquista del potere da parte di partiti islamisti hanno portato a dittature più repressive delle dittature precedenti, o a guerre civili. Nel resto del mondo ci sono governi retti da lungo tempo da partiti islamici, che propugnano valori dell’islam nella società e nella politica, ma che rispettano costituzioni che non assumono la sharia come legge suprema, accettano il confronto e il compromesso con altre forze religiose e politiche. Ne sono esempi l’Indonesia, il Senegal, il Pakistan. In altri paesi islamici sono le monarchie a gestire e garantire un certo equilibrio fra le varie parti della società, come in Marocco o Giordania o persino in Arabia Saudita.

In Medio Oriente invece nessuna repubblica con una maggioranza di islamisti è riuscita a mantenere forme democratiche: sono tutte dittature, oppure sono in preda a interminabili guerre civili, perché l’islam politico della regione, forgiato dai Fratelli Musulmani, rifiuta il principio di democrazia nel momento stesso in cui assume come legge costituzionale la sharia. Sino a oggi pareva esserci una eccezione importante − la Turchia − dove i Fratelli Musulmani, al potere dal 2002 hanno mantenuto le forme democratiche fino ad ora, anche se con frequenti giri di vite alla libertà di espressione. Se ora la Turchia dovesse scivolare nella guerra civile o nella dittatura, sarebbe la fine dell’illusione che sharia e democrazia possano coesistere, dunque sarebbe la smentita della dottrina politica dei Fratelli Musulmani, che hanno sempre sostenuto che la sharia è la vera democrazia dell’islam, capace di portare libertà e armonia nella società. 

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