Il sociologo e storico Ian Morris (What Is the Burning Question of the Day? Strategic Forecasting 10 agosto 2016) traccia un rapido riassunto dell’evoluzione dei rapporti sociali col variare dei sistemi di produzione, riflettendo sul fatto che negli USA il numero degli addetti ai servizi per la casa e per la persona è aumentato di oltre il 50% fra il 2008 e il 2015.
Nel 1899 un’anonima dama inglese che si presentava con lo pseudonimo di Amara Veritas pubblicò un libretto che ebbe una fortuna inattesa per i dibattiti che se ne originarono sulla stampa e persino nelle chiese. Il libretto era intitolato ‘Il problema della servitù - la scottante questione del giorno: un tentativo di soluzione da parte di una padrona esperta’. Il ‘problema della servitù’, dice Morris, è il miglior barometro dell’andamento dei rapporti sociali nella storia.
Per la maggior parte dei 150000 anni di vita umana sulla terra il problema non ci fu: fino all’apparizione dell’agricoltura, circa 10000 anni fa, le società di cacciatori-raccoglitori pare facessero tutto in famiglia, senza bisogno di mano d’opera esterna. La divisione del lavoro era basata sull’età e sul sesso: senz’altro gli uomini si saranno lamentati della pigrizia delle donne e viceversa, gli adulti si saranno lamentati della disobbedienza dei bambini durante il lavoro, ma nessuno si lamentava della pigrizia e dell’insubordinazione della servitù. Nelle società agricole tutto cambiò: l’agricoltura richiedeva una divisione molto più complessa del lavoro e l’accentramento nelle mani di pochi della ricchezza, cioè della proprietà della terra e delle infrastrutture di trasporto e magazzinaggio. I ricchi avevano bisogno di molta manodopera e i poveri avevano bisogno di lavorare al servizio di terzi per poter mangiare. Nacque il mercato del lavoro, le cui regole vennero frequentemente piegate dall’uso della violenza per far pendere la bilancia ora in favore dei possidenti, ora in favore dei lavoratori. Tutte le società agrarie hanno conosciuto la schiavitù e le servitù della gleba, imposte dai possidenti con la forza e con il diritto. Nacque ‘il problema della servitù’ su vasta scala. Negli ultimi decenni di decadenza dell’Impero Romano la ricchissima patrizia a noi nota come Santa Melania la Giovane liberò 8000 schiavi al momento della sua conversione al cristianesimo, e il cognato Severo si affrettò a ricomprarli a prezzi di liquidazione.
La servitù del 1899 si permetteva di essere sgarbata con la padrona, ma la servitù d’epoca greco-romana non era certamente più facile da gestire: quando i padroni si spingevano troppo oltre, gli schiavi si ribellavano, uccidevano i padroni e incendiavano campi e case. Non che i padroni fossero stinchi di santi: attorno all’anno 100 in Grecia l’erudito Plutarco, autore di famosi trattati fra cui uno sul controllo dell’ira, perse il controllo e fece frustare uno schiavo. Lo schiavo osservò che Plutarco stava cedendo proprio a quell’ira che insegnava agli altri a controllare e Plutarco lo invitò a continuare la discussione filosofica mentre lo flagellava.
Il problema della servitù è una questione di domanda e offerta. Dall’inizio del sistema di produzione agrario la richiesta fu quasi sempre più alta dell’offerta, e i proprietari dovettero stimolare l’offerta con una gamma di provvedimenti che andò dall’aumento del compenso all’uso della violenza bruta.
Ma la Rivoluzione Industriale trasformò il problema. Fra la fine del 1800 e il 1970 caddero a picco sia la domanda sia l’offerta. Milioni di possibilità di impiego retribuito negli uffici, nelle fabbriche, nei negozi, che lasciavano molta più libertà del servizio domestico (o del lavoro agricolo), portarono alla virtuale abolizione del servizio domestico nelle famiglie, sostituito da una serie di elettrodomestici che permettevano ai membri della famiglia di essere nuovamente autosufficienti, come all’epoca delle società di cacciatori raccoglitori. Quello che la famiglia non riusciva a fare da sola veniva fatto da imprese terze, del tutto autonome: lavanderie, servizi di giardinaggio, ristoranti e gastronomie. Gli elettrodomestici furono veri e propri motori di liberazione, soprattutto per le donne.
Ma dal 1980 in poi la richiesta di servizi domestici è di nuovo in grande crescita in tutto l’Occidente, anche se con caratteristiche diverse dal passato. Le donne lavorano fuori casa e fanno pochi figli, le coppie divorziano, le famiglie di una o due persone sono la regola, perciò tutta una serie di attività non possono più essere svolte all’interno della famiglia, come succedeva negli anni ’60 e ’70: accudire i bambini piccoli e gli anziani, tenere in ordine il giardino, imbiancare le pareti, aggiustare i rubinetti… Sorgono così tutta una serie di piccole imprese che provvedono a questi servizi, ma la richiesta cresce molto più velocemente dell’offerta. Secondo un’inchiesta del New York Times, negli USA la richiesta di servizi per la casa e la persona supera di cinque volte l’offerta. In Europa la situazione non è molto diversa, nonostante l’alto livello di disoccupazione, come sa chi oggi cerca custodi o badanti o bambinaie.
Il lavoro domestico è spesso poco pagato, ma non sempre: decine di migliaia di super-ricchi in tutto il mondo sono pronti a pagare stipendi da manager di grande azienda a maggiordomi e cuochi formati in scuole speciali (le migliori rimangono quelle inglesi). Ma il lavoro domestico conserva uno stigma di inferiorità sociale che pregiudica lo sviluppo dell’offerta. Perciò la televisione e il cinema stanno cercando di costruire attorno al lavoro domestico una forte immagine positiva: si pensi alla serie TV Downton Abbey o al film francese ‘Intouchable’, che in italiano è stato presentato con il titolo di ‘Quasi amici’. Ed è proprio sull’idea della ‘quasi amicizia’ possibile in un rapporto di lavoro domestico che si gioca oggi la ‘scottante questione’ che si ripresenta inaspettatamente nella realtà contemporanea.
Ragazzi, volete far carriera? Forse una scuola internazionale per maggiordomi offre più opportunità della Bocconi.
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