Da un saggio di R. Yellinek del BESA Center (Paper No. 363, 11 settembre 2016)
Nel gennaio scorso, poco prima della visita del presidente cinese Xi Jinping in Medio Oriente, l’Arabia Saudita giustiziò il religioso sciita Nimr Baqir al-Nimr, accusato di “tentato coinvolgimento di governi stranieri nelle politiche del regno, disobbedienza al governo e possesso di armi”. L’Iran, che si considera la principale potenza sciita ed è nemico storico dell’Arabia Saudita, criticò duramente l’esecuzione. La tensione tra i due stati si inasprì tanto da mettere a rischio la visita del presidente cinese. Già nel 2015 era stata rimandata a causa dei combattimenti in corso in Yemen tra l’Arabia Saudita e gli Huthi, gruppo sciita protetto dall’Iran. Quest’anno invece, nonostante le tensioni tra sciiti e sunniti, la visita si è svolta. Per la prima volta da quando è presidente, Xi ha visitato Teheran, Riad e il Cairo e ha presentato alla regione l’approccio cinese: “dialogare con tutte le parti e commerciare con tutti gli stati”. Xi è stato il primo leader a visitare l’Iran dalla fine delle sanzioni. Ma nello stesso tempo la Cina ha espresso pubblicamente il suo sostegno al governo dello Yemen – alleato dell’Arabia Saudita – in guerra con gli Huthi protetti dall’Iran.
La Cina osserva con apprensione il conflitto inter-arabo tra sciiti e sunniti. La regione del Golfo vende alla Cina un terzo del gas naturale e il 52% del petrolio di cui necessita, e la richiesta potrebbe raddoppiare entro il 2035. L’aggravarsi della tensione tra sciiti e sunniti potrebbe paralizzare l’economia cinese. Un altro motivo di interesse per la regione è legato all’iniziativa cinese denominata “One belt, one road” (foto del treno a lato) che punta a collegare via terra Cina ed Europa nel modo più rapido possibile, anche passando per il Medio Oriente. Lo scopo dell’iniziativa è facilitare l’accesso delle merci cinesi a nuovi mercati. Si tratta di uno dei progetti più ambiziosi nella storia dell’umanità, con un costo stimato di centinaia di miliardi di dollari. Qualsiasi conflitto violento fra Arabi e Iraniani potrebbe compromettere gravemente questa iniziativa e mandare in fumo ingenti investimenti. La leadership cinese sa di non poter cancellare la profonda ostilità alla base dei conflitti inter-arabi che tormentano il Medio Oriente, ma può aiutare a mantenere lo status-quo ed evitare che la situazione peggiori.
Dopo la visita presidenziale, la Cina si sta adoperando per mantenere la stabilità e ridurre le tensioni tramite la creazione di legami tra le due parti. Promuove iniziative congiunte tra sciiti e sunniti, come il gasdotto che attraversa Iran e Afghanistan: entrambe le parti hanno interesse a minimizzare il conflitto per salvaguardare il progetto. La Cina ha agito in modo simile anche altrove, ad esempio collegando lo Xinjiang, provincia cinese a nord ovest, a Teheran, nell’Iran sciita, tramite un treno ad alta velocità che attraversa Kazakistan, Uzbekistan e Turkmenistan, paesi sunniti (mappa a lato).
La legislazione approvata nel dicembre del 2015 ha aperto un nuovo capitolo nella politica estera cinese: la nuova legge stabilisce che l’esercito cinese può portare avanti operazioni anti-terrorismo al di fuori dei propri confini, a patto che il governo del paese dove si svolgono le operazioni sia d’accordo. Con questa legge la Cina potrebbe avere un ruolo di primo piano nella lotta contro lo Stato Islamico o qualsiasi altra organizzazione che minacci la stabilità internazionale. Un ulteriore esempio della nuova politica cinese per il Medio Oriente è l’annuncio che la Fondazione cinese per la pace e lo sviluppo in Medio Oriente (MEFPD) e il Forum di cooperazione tra Cina e Stati Arabi istituiranno congiuntamente un Forum di pace per il Medio Oriente. Qi Qianjin, funzionario dell’ambasciata cinese al Cairo, nel darne l’annuncio ha spiegato: “Pace e sviluppo sono interconnessi e desiderati da tutte le nazioni del mondo. Questa iniziativa (One Blet, One Road) può dare un notevole contributo allo sviluppo della regione”.
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