‘Attraversando il confine a Cipro’ è il titolo di un bel reportage di Eugene Chausovsky per Stratfor (16/10/2016), di cui traduciamo qualche estratto:
Seduto in un dehor un tardo pomeriggio domenicale nella città vecchia di Nicosia, capitale di Cipro, mi accadde un’esperienza insolita. Le campane di Panagia Faneromeni (foto a lato), un monastero greco ortodosso del XVIII secolo proprio di fronte al caffè, iniziarono a suonare. Poi, circa venti minuti più tardi, si udì non lontano l’invito di una chiamata alla preghiera islamica. Avvinto da quella melodia incredibilmente bella abbandonai il caffè e seguii il suono per poterne avere una percezione migliore. Attraversando il labirinto delle stradine che si insinuano nella città vecchia mi ritrovai d’improvviso di fronte a una barricata; avevo quasi sbattuto contro il muro e non potevo andare oltre. Mi resi conto che la preghiera arrivava dalla moschea più grande e famosa di Nicosia: Selimiye. Nonostante fosse situata a poche centinaia di metri dal bar in cui ero appena stato, la moschea di Selimiye era in un luogo separato, in un paese completamente diverso: la Repubblica Turca del Nord di Cipro. Il monastero greco ortodosso di Panagia Faneromeni distava poche centinaia di metri, ma era lontano un mondo dalla più grande moschea di Nicosia.
Cipro era stata divisa dal conflitto del 1974 e il caffè in cui mi ero fermato si trovava proprio sulla linea di separazione delle due entità politiche. Soltanto la Turchia riconosce ufficialmente la Repubblica Turca del Nord di Cipro, che di fatto è indipendente dalla Repubblica di Cipro da oltre 40 anni. Ma le origini della rottura vanno cercate molto più indietro nel tempo.
Le origini del conflitto
Situata tra le sponde dell’attuale Turchia, Siria e Libano, al centro del Mediterraneo orientale, Cipro è il crocevia tra Europa, Asia e Africa. La posizione strategica dell’isola l’ha assoggettata a ondate di invasioni e all’influenza di potenze straniere per migliaia di anni, a cominciare dai tempi dell’antica Grecia. Seguirono poi i Persiani, i Romani, i Bizantini, i Francesi e i Veneziani. Alla fine del XVI secolo gli Ottomani si impadronirono di Cipro, cedendone il controllo agli Inglesi trecento anni più tardi.
Quando Cipro ottenne l’indipendenza, nel 1960, incorporava un mix di influenze europee e mediorientali, che mantenne anche in quanto paese autonomo.
La nuova Cipro indipendente ereditò una popolazione diversificata dal punto di vista culturale e demografico, composta principalmente da greci ciprioti, che costituiscono il 77% della comunità, e da turchi ciprioti che ne rappresentano il 18%. Poco dopo l’indipendenza scoppiarono violente ostilità tra questi due gruppi. Quando una giunta militare greca mise in scena un colpo di stato contro il governo cipriota nel luglio 1974, nel tentativo di annettere l’isola alla Grecia, la Turchia invase la parte settentrionale di Cipro. Il risultato fu un conflitto militare che provocò migliaia di morti e feriti e causò lo spostamento di altre 160.000 persone. Nell’agosto 1974 si arrivò alla firma del cessate il fuoco. Ma la Turchia aveva ormai il controllo del 36% del territorio dell’isola, quella parte di paese che col tempo divenne la Repubblica Turca del Nord di Cipro, costituita formalmente nel 1983. Una zona cuscinetto amministrata dalle Nazioni Unite nota come Linea Verde separa questo territorio dalla Repubblica di Cipro del sud, dividendo la capitale – come ho appena scoperto – in due metà distinte.
Si sono comunque fatti progressi per colmare il divario. Ad esempio nel 2003 si sono alleggerite le restrizioni di viaggio attraverso la Linea Verde e si è aperto un varco nella frontiera a Nicosia, che ora permette ai Ciprioti di transitare liberamente fra le due Repubbliche. Nelle prime due settimane di apertura più di 200.000 persone attraversarono la Linea Verde senza incidenti, cancellando il timore che la violenza potesse riaffiorare, in assenza di controlli di confine. Altri sei varchi sono stati aperti successivamente. Quando giunsi all’impasse (foto a lato) nel mio tentativo di trovare la fonte dell’incantevole richiamo alla preghiera, percorsi qualche isolato verso Ledra Street, il principale attraversamento pedonale dal 2008, mostrai il passaporto prima ai funzionari greco-ciprioti poi a quelli turco-ciprioti, quindi entrai nella parte Nord di Cipro. In pochi minuti arrivai alla moschea Selimiye.
Un crocevia culturale
Mi colpì che Cipro rappresentasse la quintessenza di un confine geopolitico. Per migliaia di anni potenze europee e mediorientali si sono scontrate sull’isola, impazienti di mettere il proprio marchio sul territorio. Lo scontro di culture è evidente nell’architettura di Nicosia da entrambe le parti della Linea Verde, dalle mura veneziane che circondano la città alle moschee e ai monasteri che si innalzano sulle stradine tortuose. Infatti la moschea Selimiye è un progetto gotico (foto sopra); la dinastia francese dei Lusignano la costruì nel XIII secolo come chiesa cattolica romana e gli Ottomani la modificarono 300 anni più tardi.
Nicosia porta anche altri segni delle molteplici identità di Cipro. La Repubblica di Cipro aderì all’Unione Europea nel 2004 e all’eurozona pochi anni più tardi, ma poiché l’UE non riconosce Cipro del Nord, leggi e moneta non sono applicabili in tale zona. La bandiera dell’Unione Europea sventola di fianco a quella cipriota (e spesso a quella greca) nel sud di Nicosia, ove regna l’euro, mentre la bandiera e la lira turca dominano su tutta l’area settentrionale.
Ma la sua posizione di confluenza espone l’isola anche alle tendenze che si sviluppano altrove nel mondo contemporaneo. I forti legami della repubblica di Cipro con il sistema finanziario greco e il suo status di paradiso fiscale, in particolar modo per i Russi, l’hanno costretta nel 2013 a un doloroso bail-in delle sue banche su richiesta dell’Unione Europea e del Fondo Monetario Internazionale. Come gran parte dell’eurozona, il paese non ha quasi crescita economica e ha un tasso di disoccupazione a due cifre. Cipro inoltre non è immune alla crisi dei migranti. Sebbene non sia sulla rotta principale per Grecia e Balcani, la vicinanza di Cipro alla Turchia e alla Siria la rende oggetto di flussi migratori dal Medio Oriente. Le politiche molto restrittive del governo fanno sì che i migranti evitino di stabilirsi nel paese, ma ciò nonostante nell’ultimo anno sono entrati nel paese circa 3000 rifugiati.
A più di mezzo secolo dalla sua indipendenza Cipro è ancora sotto la forte influenza dei paesi che la circondano. Deve fare i conti con le sfide che arrivano da tutte le direzioni: pressioni economiche dall’est e dall’ovest, persistenti divisioni interne tra nord e sud. Ma, come dimostra il mio attraversamento della Linea Verde che una volta era chiusa, le divisioni possono ridursi con il tempo.
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