(Le informazioni su cui si basa questo articolo vengono da articoli di George Friedman per “Geopolitical Futures”)
Chi è il generale Michael Flynn, scelto da Trump come consigliere per la sicurezza nazionale? Sicuramente un uomo poco diplomatico, che si è inimicato l’intelligence e si è fatto licenziare da Obama perché diceva apertamente che gli USA avevano sbagliato l’impostazione strategica della guerra al jihadismo e l’errata impostazione avrebbe portato alla sconfitta in Medio Oriente.
Il fulcro della carriera di Flynn fu proprio il Medio Oriente, dove servì come ufficiale dell’intelligence militare prima in Iraq, poi in Afghanistan. In Afghanistan divenne il capo della DIA (Defence Intelligence Agency), prima di essere licenziato e messo a riposo da Obama. Flynn sosteneva che gli USA perseguivano una politica miope e stupida: davano la caccia (con successo) ai leader politici e militari di al-Qaeda, dei Talebani e delle altre organizzazioni islamiste, ma senza capire la natura del nemico e il suo profondo radicamento nella società. Sosteneva che il successo nel colpire i capi jihadisti avrebbe soltanto affrettato l’avvento di nuovi capi, il successo nell’uccidere i combattenti avrebbe moltiplicato l’arruolamento di nuovi combattenti, anziché portare alla fine della guerra contro i Talebani o al Qaeda o l’ISIS, perché le società locali condividono in larga parte i valori che questi gruppi propugnano. Questo era un anatema per il governo degli USA: non si può pensare e dire che i valori dell’Islam sono in fondamentale contrasto con i valori dell’Occidente, non si può pensare e dire che le organizzazioni jihadiste hanno il sostegno della popolazione! Che conseguenze ne dovremmo trarre, altrimenti? Che conseguenze ne dovrebbero trarre le popolazioni islamiche?
Flynn sosteneva che le guerre in Medio Oriente sono profondamente radicate nella storia della regione e nella storia dell’Islam. Le forze contro cui gli USA combattevano (e combattono) non sono frutto di una situazione occasionale, ma hanno radici profonde nella dottrina islamica, esattamente come dichiarano e sostengono nei loro documenti. Negare il loro radicamento nell’Islam, come voleva la politica del governo americano, avrebbe portato gli USA alla sconfitta finale, nonostante il successo in centinaia di operazioni tattiche.
Flynn sosteneva che anziché spendere tanto per raccogliere intelligence con sofisticati congegni tecnologici o cercando di corrompere militanti jihadisti, l’intelligence doveva studiare la storia, leggere libri, farsi spiegare le società locali da storici e antropologi, prendere sul serio quanto gli stessi jihadisti dicono di sé stessi e delle loro motivazioni e rendersi conto di quanto sia profondo ed esteso il sostegno della popolazione ai jihadisti. Soltanto su queste basi si sarebbe potuta pensare e mettere in atto una strategia di successo, non negando la realtà storica e sociale.
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