La produzione industriale di massa non è superata: come ogni altro sistema di produzione del passato, non cesserà di essere utile. Come scrive Philip Bobbitt, la società industriale di massa − e le istituzioni statali che sono state create per gestirla − ci hanno dato ‘l’istruzione gratuita, l’allargamento del diritto di voto, le pensioni di anzianità e di disabilità, i sussidi di disoccupazione, i finanziamenti pubblici alla ricerca, le imprese statali come le linee aeree, le ferrovie, le società energetiche e di telecomunicazioni, e la guerra totale, la guerra contro l’intera nazione’. Ma ha cessato di produrre sviluppo nei paesi occidentali a mercato libero, che dopo duecento anni di rapida crescita stanno quasi fermandosi.
Sviluppo ed economia sono collegati?
Sì, perché l’economia è produzione di ricchezza e ricchezza è tutto ciò che serve alla vita e richiede lavoro. Lo sviluppo è il processo di arricchimento della vita umana in tutti i suoi aspetti. Corpo, emozioni e intelligenza sono la vita – e la vita ci è data. Tutto il resto è frutto di lavoro ed è chiamato ricchezza, ha un costo ed entra nel calcolo del PIL, Prodotto Interno Lordo.
La prima essenziale ricchezza è il cibo, poi un abito, un tetto, il fuoco, una serie di strumenti, ma anche servizi: raccogliere, cacciare, cucinare, trasportare… Quindi creare comunicazione con gli altri, curare i malati, aiutare i vecchi e i bambini, difenderci dai pericoli… Ogni azione che potenzia la vita crea ricchezza e richiede conoscenza, organizzazione e una più acuta percezione dei valori della vita per nutrirci bene, essere in buona salute, vivere in sicurezza, vivere circondati di bellezza, comunicare con gli altri in armonia, conoscere e capire. Sviluppo umano ed economia sono gemelli siamesi: l’uno non può esistere senza l’altro. Entrambi hanno bisogno di libertà, come i nostri polmoni hanno bisogno di ossigeno.
Che possibilità di sviluppo offrono le nuove tecnologie digitali, che già hanno cambiato radicalmente le comunicazioni nell’arco di pochi decenni? Probabilmente l’impatto sull’economia diventerà enorme man mano che si sviluppano i sistemi di Intelligenza Artificiale che permettono di costruire robot capaci di imparare dall’esperienza e modificare di conseguenza le loro prestazioni.
Per valutare il possibile impatto delle tecnologie sul nostro futuro è abituale raggruppare le attività economiche in tre macro-categorie : bi-tu-bi, cioè business to business, bi-tu-pi, cioè business to people, pi-tu-pi, cioè people to people.
B2B (da azienda ad azienda)
In questo campo già si stanno sviluppando robot talmente ‘intelligenti’ da poter eseguire sequenze di operazioni diverse e complesse, in ambienti diversi e a scopi diversi: ad esempio per il montaggio e il trasporto di beni industriali, per la sorveglianza e la difesa (droni), per irrigare o disinfestare i campi.
Si sta ora preparando quella che viene chiamata industria 4.0, in cui i robot dialogano fra di loro a distanza e dialogano con l’ambiente circostante, per saper quale operazione fare. Così si ridurranno drasticamente i costi. Si ridurranno anche i posti di lavoro in cui si compiono operazioni che possono essere compiute dai robot, ma si moltiplicherà la richiesta di ingegneri e tecnici capaci di progettare costruire e riparare i robot e il loro software.
La possibilità di sviluppo di un nuovo artigianato è data dalle stampanti 3D, capaci di produrre oggetti di tante fogge diverse e complesse cambiando soltanto il software. L’oggetto viene costruito per accumulo, cioè depositando tanti strati di materiale l’uno sull’altro. Le stampanti 3D funzionano già in modo eccellente con i materiali plastici, ma per i metalli, che debbono essere ridotti in polvere per poter essere utilizzati nelle stampanti, il processo è attualmente tanto costoso che viene usato quasi soltanto per costruire parti di ricambio per l’industria aeronautica e spaziale.
B2P (da azienda a privato)
In questo ambito le nuove tecnologie hanno già avuto un impatto forte: si vende e si acquista online, venditore e compratore si incontrano soltanto su internet, i prodotti sono descritti da parole e immagini. Amazon e Alibabà sono esempi macroscopici di come le nuove tecnologie abbiano cambiato il commercio globale.
È già cambiata radicalmente l’informazione. I giornali online, per lo più gratuiti, sono tantissimi e talora di alto livello. I data base scientifici, pubblicati online, sono immediatamente patrimonio comune degli scienziati del mondo.
Cambia l’educazione globale, grazie alle tante scuole e università online, ormai accessibili persino nei più remoti villaggi dell’Africa equatoriale, dove non sono mai giunte né le autostrade né le ferrovie né i telefoni fissi, ma sono giunti i cellulari e i tablet, utilizzabili con un generatore di energia locale.
Cambia la sanità, con la possibilità di effettuare esami diagnostici e persino interventi chirurgici a distanza.
È cambiato il mercato della musica e dei video: ora si scaricano in streaming, a bassissimo costo o gratuitamente. Le aziende che vivevano producendo e distribuendo video, musica e libri stampati stanno chiudendo o riducendo gli addetti, ma l’umanità non ha mai avuto una simile ricchezza di immagini, di storie e di musica a così basso costo.
P2P (da privato a privato)
In questo campo è ancora difficile distinguere chiaramente tutte le possibilità di sviluppo. Teoricamente qualunque privato è in grado di entrare in contatto via internet con un altro privato per offrire o scambiare prodotti e/o servizi, senza bisogno di intermediari, al di fuori delle regole, dei limiti e dei costi di organizzazioni aziendali private o pubbliche. In realtà le piattaforme digitali che permettono lo scambio in rete sono create e gestite, tramite il software, da entità terze che non compaiono nelle transazioni, tuttavia esistono e ne controllano il funzionamento – anche se non i contenuti. Perciò la definizione P2P è piuttosto fuorviante. I governi stanno cercando di imporre regole e tasse, la Cina nega l’accesso a molte piattaforme.
Facebook è forse la più nota piattaforma per attività P2P. E-bay fu il primo esempio di successo di mercato P2P online. Uber è un mercato di servizi da privato a privato, così come AirB&B. Entrambi fanno parte di quella che chiamano la sharing economy, perché condivide fra privati l’uso di beni (soprattutto case e auto), e dei servizi necessari all’uso. Così si sfruttano razionalmente ed efficacemente sia i beni sia i servizi. Ma non mancano lamentele e conseguenze sgradevoli, data la mancanza di regolamentazione.
Le maggiori possibilità di sviluppo delle attività B2B sono in campo culturale e finanziario, ma anche in quello politico. Il M5S in Italia utilizza la piattaforma creata e gestita da Casaleggio per valutare il ‘peso’ delle opinioni online, in modo da seguire e al contempo indirizzare i mutamenti dell’opinione pubblica anche senza la struttura organizzativa tradizionale dei partiti politici per comunicare con i cittadini.
La tecnologia utilizzata dal M5S è un software di tipo ’blockchain’, usato anche in campo finanziario. Fu studiata per lanciare e gestire la moneta virtuale Bitcoin, poi fallita, ma ora viene studiata e provata persino dalle Banche Centrali di alcuni paesi. L’esperimento Bitcoin non ha funzionato bene, ma è estremamente probabile che verrà ritentato e che si svilupperanno monete virtuali utilizzabili per le transazioni online. La tecnologia potrebbe ridurre drasticamente i costi (e i posti di lavoro) di tutte le transazioni finanziarie, dalla concessione e richiesta di finanziamenti alle quotazioni di borsa. Ne è un esempio il sistema di crowdfunding, già usato da molte nuove imprese (o start-up) che chiedono online finanziamenti per i loro progetti e raccolgono piccole somme da migliaia di privati a costo quasi zero.
Molte promesse racchiude il P2P per le attività di tipo culturale. Wikipedia è l’esempio che tutti conosciamo e utilizziamo. Ma molte possibilità non sono sviluppate e utilizzate perché le vecchie élite culturali e burocratiche oppongono fiera resistenza al cambiamento.
Un esempio? Sono già utilizzabili piattaforme che permettono di arricchire grandemente l’esperienza di visita a una città o a un museo. Basta puntare il cellulare o il tablet sul codice accanto a un qualunque oggetto o immagine, su un monumento, un palazzo, oppure sulla targa col nome di una piazza, per avere accesso via internet a enormi quantità di informazioni, spiegazioni, approfondimenti e collegamenti concettuali, storici, geografici o scientifici. Si può inoltre fotografare l’oggetto o scaricare belle foto altrui, inviarle ad amici e conoscenti tramite i social media, aggiungere i nostri commenti; ci possiamo mettere alla prova rispondendo a un quiz sull’argomento o proponendo un’idea per migliorare la mostra o la piazza che stiamo visitando… Si può vivere l’ambiente circostante con piena consapevolezza e contribuire attivamente ad aggiungere informazioni e idee. Ma non ne stiamo ancora approfittando.
Il turismo, anche a breve raggio, diventerebbe un’attività estremamente ricca di stimoli, ne sarebbero molto contenti anche i ristoratori, gli albergatori e tutti i servizi commerciali. Nelle scuole i docenti potrebbero far fare ‘compiti autentici’ ai loro studenti e condividere online con i visitatori delle città e dei musei i frutti delle ricerche di storia, arte, archeologia, architettura, economia, scienze. Le scuole potrebbero venirne ripagate in valuta virtuale da usare per ‘comperare’ le ricerche di altre scuole in altri paesi del mondo, o per acquistare altri software o altri servizi. Si creerebbe competizione fra le scuole per migliorare il livello sia dei contenuti sia della forma espositiva, perché i frutti del loro lavoro sarebbero sotto gli occhi di tutti. E tutto questo a costi molto modesti, con tecnologia disponibile.
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