Quasi quindici anni dopo l’inizio della guerra in Afghanistan, i Talebani stanno facendo un quieto ma chiaro ritorno sulla scena politica, non soltanto perché hanno riconquistato il pieno controllo delle aree al confine con il Pakistan, ma perché stanno ottenendo riconoscimenti politici anche a livello internazionale.
Pochi giorni fa il New York Times, in un articolo di grande rilievo, narrava che i Sauditi non hanno mai smesso di finanziare e sostenere i Talebani tramite il Pakistan, neppure negli anni in cui erano alleati degli USA contro i Talebani e al Qaeda. I Sauditi hanno aperto in quindici anni ben 4000 scuole coraniche di stretta osservanza wahabita nelle aree controllate dai Talebani, probabilmente per farsi alleati sicuri, religiosamente motivati, alle spalle dell’Iran sciita.
Recentemente Zamir Kabulov, diplomatico russo che dagli anni ’90 tiene i contatti con i Talebani, ha criticato aspramente la politica indiana di opposizione al Pakistan e ai Talebani. Kabulov era in India per partecipare alla conferenza dei paesi dell’Heart of Asia. L’Asia Centrale è un’area di primaria importanza strategica per i Russi, che temono ribellioni e conflitti alle porte di casa, nei paesi ex sovietici dove ancora si estende l’egemonia russa, oltre a temere che il jihadismo coinvolga le consistenti minoranze islamiche che vivono all’interno della Russia, soprattutto i Ceceni (che dopo decenni di insurrezioni anti-russe sono ora schierati con Putin). Un battaglione di volontari islamici ceceni è arrivato da poco in Siria in appoggio alle truppe di Assad per difendere le installazioni russe lungo la costa del Mediterraneo. Secondo voci non ufficiali i Ceceni starebbero combattendo anche ad Aleppo.
Peraltro i Talebani danno segni di essere su posizioni più moderate e cooperative dal punto di vista economico. Non si oppongono più alla costruzione di infrastrutture. Il 29 novembre 2016 i Talebani hanno proposto di provvedere una propria difesa armata ad alcune infrastrutture bloccate da dieci anni di guerra civile, perché se ne possa riprendere la costruzione e avviare il funzionamento: la miniera di rame di Mes Aynak, in pieno territorio talebano, e il gasdotto TAPI fra Turkmenistan, Afghanistan Pakistan e India (in blu sulla mappa a lato) in competizione con un possibile gasdotto (in bianco sulla mappa) proveniente dall’Iran. L’economia afghana è allo stremo dopo anni di guerra civile, e anche i Talebani sembrano ora interessati a negoziare i termini di un loro ruolo all’interno della politica afghana e degli investimenti internazionali per lo sviluppo del Paese.
L’Afghanistan è il ponte geografico fra l’Asia Centrale, ricca di petrolio e gas, e la regione indo-pakistana (mappa a lato). Afghanistan e Turkmenistan hanno festeggiato l’accordo per costruire una ferrovia veloce da Atamyrat ad Aquina, che dovrebbe raccordarsi con il corridoio stradale e ferroviario del nord dell’Afghanistan. Anche per questo progetto sarà necessario l’accordo dei Talebani.
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