Il problema del mondo arabo secondo Shapiro:
la mancanza di nazionalismo

20/01/2017

Jacob L. Shapiro è un ancor giovane professore di scienze politiche a Princeton, che nei suoi saggi rivaluta l’esperienza storica dello stato-nazione. Secondo lui il rifiuto del nazionalismo dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale ci ha impedito di riflettere serenamente su due aspetti:

-          il nazionalismo non fu di per sé la causa delle crisi del ‘900 né delle guerre mondiali, ma costituì una reazione alle crisi economiche e sociali che sconvolsero la vita degli individui fra la fine del 1800 e la metà del 1900;

-          il nazionalismo ci ha lasciato l’eredità dello stato-nazione, un sistema di organizzazione politica basato su di un nuovo contratto sociale fra governanti e governati, che prevedeva la possibilità che i governanti cambiassero, senza però cambiare i diritti dei cittadini. In questo modo l’individuo ritrovò nello stato il senso di sicurezza e il riconoscimento di valore che era andato perso con lo sconquasso sociale portato dal susseguirsi delle rivoluzioni industriali. ‘L’individuo aveva perso identità e sicurezza, ma ritrovò identità e valore nell’essere cittadino di una nazione’.

Nella realtà attuale del Medio Oriente Shapiro vede una congerie di stati arabi con governi che paiono illegittimi a molti cittadini, spesso in preda alla guerra civile, privi di coesione interna, in cui il contratto sociale fra governanti e governati non funziona perché manca il senso di appartenenza condivisa a una comunità di storia, di cultura, di interessi geopolitici: il senso di appartenenza a una nazione, dice Shapiro. L’islamismo cerca di sopperire a questa mancanza di nazionalismo in nome di una comune religione, ma gli interessi geopolitici all’interno del mondo islamico sono talmente diversi e contrastanti fra di loro, che l’islamismo non può che fallire miseramente, dopo aver causato grandi carneficine. I popoli circostanti che hanno una storia e una identità nazionale, cioè i Turchi e gli Iraniani, approfittano della situazione per fomentare apertamente le diverse fazioni arabe le une contro le altre, oltre a fomentare le fazioni etniche non arabe che vivono in mezzo agli Arabi. Turchi e Iraniani, così come Americani e Russi, in misura minore anche Inglesi e Francesi, si permettono di inviare truppe e armamenti, condizionare i governi locali, negoziare fra di loro il futuro degli Arabi. Se gli Arabi avessero il senso di una comune appartenenza a una nazione, tutto questo non sarebbe possibile.

Proprio la grande espansione della conquista araba impedì il formarsi di un nazionalismo arabo, dice Shapiro. Gli Arabi che fra il VII e l’XI secolo conquistarono le sponde del Mediterraneo imponendo la propria lingua e la propria religione erano un’etnia coesa e forte, ma si dispersero su di un territorio vastissimo, abitato da popolazioni non arabe venti volte più numerose (nell’immagine cliccabile a lato, la distribuzione territoriale delle maggiori etnie e delle diverse varianti moderne della lingua araba). L’identità araba si diluì e di disperse, dando origine a identità locali che in comune avevano soltanto la religione, l’arabo come lingua liturgica e la sharia come base generale del diritto. Ma l’identità nazionale araba si perse, come si perse l’identità romana nella vastità dell’Impero Romano. Alla caduta dell’Impero Romano iniziarono a formarsi identità etniche locali da cui nacquero stati autonomi. Quando terminò l’Impero arabo, invece, ci fu un’apparente continuazione negli imperi islamici che gli subentrarono, ma che avevano dinastie imperiali turche in occidente, mongole o persiane in oriente. La cultura araba sopravvisse come base delle culture islamiche, ma non sopravvisse l’identità nazionale (o etnica) araba.

I popoli arabi del Medio Oriente furono sottomessi al potere imperiale di altre nazioni dalla conquista mongola di Bagdad nel XIII secolo fino alla caduta dell’Impero Ottomano nel 1919. Furono gli Europei a ridare agli Arabi l’autogoverno nel XX secolo, alla caduta degli imperi.

Oggi i popoli arabi (o forse sarebbe meglio definirli ‘neo-arabi’) del Nord Africa hanno raggiunto un grado di coesione nazionale sufficiente a legittimare il governo e lo stato unitario, a eccezione della Libia.

Gli Arabi del Medio Oriente invece, che discendono dagli Arabi originari, fino a cento anni fa vivevano in tribù sparse lungo le coste e nelle oasi dei vasti deserti, pagavano tributi all’Impero Ottomano ma si auto-governavano ed erano in maggioranza semi-nomadi. Oggi hanno ancora forte il senso dell’identità tribale e religiosa, ma non il senso di appartenenza a una comunità nazionale più vasta. Sono proprio i ‘veri’ Arabi a non avere il senso di appartenenza alla nazione araba, avendolo perso da almeno seicento anni.

Shapiro dice che dobbiamo cessare di ragionare in termini di ‘mondo arabo’, perché non ha connotazioni comuni, ma è composto da molte realtà etniche, religiose e geopolitiche diverse che non possiamo accomunare e confondere.

Nasser tentò di risvegliare il nazionalismo arabo senza riuscirci. Le monarchie arabe sopravvivono perché legittimate dalla loro storica funzione di mediatrici fra gli interessi tribali. Le repubbliche nate dopo la fine dell’Impero Ottomano invocarono come elemento legittimante ora il nazionalismo ora il socialismo, ora entrambe queste ideologie, ma con scarso successo. L’islamismo ha attaccato e distrutto entrambe queste ideologie, ponendosi come unico elemento legittimante agli occhi di molti milioni di credenti, che ora stanno pagando le amare conseguenze del sovrapporre fede e politica.

Gli stati del Medio Oriente prima o poi dovranno trovare una nuova configurazione funzionale, probabilmente ripartendo dall’identità tribale e religiosa, che oggi pare l’unico elemento stabile su cui avviare la ricostruzione. 

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