Politica e disuguaglianze sociali nella storia

27/02/2017

Nel suo recente ‘The Great Leveler’  Walter Scheidel sostiene che il raggiungimento di una certa uguaglianza sociale ed economica nella storia si è sempre realizzato nel dolore e nella povertà. Disse Churchill in un discorso del 1945: ‘Il vizio connaturato al capitalismo è la distribuzione ineguale dei vantaggi, la virtù connaturata al socialismo è l’uguale distribuzione dei danni’. Questo discorso non gli diede la vittoria alle elezioni, ma è ancora molto citato tutt’oggi.

Gli economisti Branko Milanovic, Peter Lindert e Jeffrey Williamson hanno elaborato la teoria del limite di possibile disuguaglianza (Inequality Possibility Frontier o IPF) , che dà veste matematica e dignità teorica alla frase di Churchill. La teoria sostiene che il livello di massima disuguaglianza possibile dipende dal livello di ricchezza complessiva della societàIn una società tanto povera da avere appena il cibo necessario alla sopravvivenza fisica, il livello di disuguaglianza tollerabile è zero, perché il vantaggio di una persona comporterebbe la morte di un’altra persona. Infatti le società molto povere tendono a essere molto ugualitarie. Se la società nel suo insieme ha più possibilità di arricchirsi, una quota preponderante della ricchezza aggiunta va alle persone più attive, più capaci, più intraprendenti, o semplicemente più fortunate o più egoiste.

Le società di cacciatori-raccoglitori erano ugualitarie, ma le società agricole hanno originato divisioni di classe, insieme all’aumento di ricchezza. Gli economisti usano l’indice di Gini per calcolare e valutare le disuguaglianze sociali. Sotto l’Impero Romano secondo gli economisti il limite possibile di massima disuguaglianza corrispondeva a un indice di Gini di 0,45, il che significa che i ricchi potevano avere fino al 45% in più di risorse rispetto ai poveri, ma oltre questo limite di disuguaglianza i poveri sarebbero morti di fame. Soltanto nel XVIII secolo il livello di massima disuguaglianza possibile (IPF) raggiunse il livello di 0,80 in Europa, grazie alle ricchezze provenienti dalle colonie e all’incipiente produzione industriale: i ricchi divennero molto più ricchi, ma i poveri divennero meno poveri. La disuguaglianza aumentò, ma anche i poveri videro migliorare a loro vita.

Il libro di Scheidel è una disamina dell’intera storia umana alla ricerca delle forze che spingono l’umanità verso una maggiore o minore disuguaglianza. Dall’analisi storica l’autore trae la conclusione che le forze che hanno storicamente portato a riduzioni importanti e di lunga durata nel tasso di disuguaglianza sociale sono l’estrema e prolungata violenza e la peste. I governi spesso prendono provvedimenti di redistribuzione delle ricchezze attraverso la tassazione, che però tendono a diventare sistemi di ruberie e di corruzione politica e sono abitualmente irrilevanti per ridurre l’ineguaglianza. Le uniche eccezioni storiche, dice l’autore, furono la Cina del IV e III secolo a.C. e l’Impero Romano del II secolo a.C., perché in questi casi i governanti si resero conto di aver bisogno di sviluppare una classe di forti contadini guerrieri, pronti a combattere per difendere il territorio e il suo governo. I governi perciò presero provvedimenti per diffondere la proprietà di appezzamenti di terreno fra molti guerrieri.

Il maggior intervento pubblico nella distribuzione della ricchezza si ebbe nella prima metà del XX secolo. Scuole pubbliche gratuite, assicurazioni sanitarie, l’introduzione della tassazione progressiva misero in grado lo stato di gestire e pagare direttamente grandissimi eserciti di guerrieri e di burocrati. Negli stati europei industrializzati la tassazione sul PIL passò da una media del 5% a inizio secolo a una media del 65% negli anni ’40, mentre le guerre decimavano sia le popolazioni sia i capitali. L’indice di Gini, cioè l’indice delle disuguaglianze sociali, che a inizio secolo era mediamente 0,50 in Europa (molto alto), dopo le guerre scese a 0,30: tutti erano diventati più poveri e molto più uguali, perché è chiaro che in caso di calamità perde tanto chi ha tanto da perdere, non chi già non ha nulla.

Scheidel calcola anche gli effetti del comunismo reale nel XX secolo sulla distribuzione della ricchezza. In Russia l’indice di Gini nel 1904 era di 0,36, scese a 0,27 verso la fine degli anni ’80, subito prima del crollo del sistema, quando la produzione aveva raggiunto livelli così bassi che nei negozi non si trovava quasi nulla da comperare e si pativa la fame pur avendo le tasche piene di denaro. In Cina l’indice di Gini era circa 0,40 nel 1930, scese fino a 0,23 nel 1984, quando i Cinesi erano ormai tutti così poveri che indossare un paio di scarpe, anziché pantofole di stracci riciclati, era segno di grandissimo privilegio, che raramente si vedeva per le strade delle città, anche in inverno.

Ma dopo le distruzioni delle grandi guerre e delle grandi epidemie che decimano le popolazioni, devastano i territori, rendono difficile lavorare e produrre, l’indice di Gini tende a risalire rapidamente se esistono le condizioni per la ripresa della vita. Tutte le iniziative sociali volte alla protezione delle fasce deboli della popolazione e a migliorare i servizi sociali non riducono sensibilmente le disuguaglianze, finché c’è sviluppo. La violenza e la mancanza di sviluppo invece riducono davvero le disuguaglianze, ma riducono di pari passo la ricchezza dell’intera società.

Ci sono anche elementi di ottimismo in Scheidel. I più poveri braccianti in epoca feudale erano comunque più ricchi del 50% rispetto ai cacciatori-raccoglitori dei millenni precedenti. Nel 1913 il più misero degli operai o dei minatori viveva molto più a lungo, mangiava meglio, era più libero dei contadini medievali. Il livello medio di vita dei poveri del mondo (non soltanto dei ricchi) è andato crescendo costantemente nella storia.

Oggi il problema principale delle nostre società non è tanto la crescente disuguaglianza in sé e per sé, ma il fatto che gran parte della società è ferma da decenni, non riesce più a migliorare: non abbiamo sviluppo, non abbiamo crescita, anche se le innovazioni tecnologhe in atto fanno sperare in futuri modelli di produzione e di distribuzione che potrebbero portare a un nuovo grande balzo in avanti. Per ora però non si vedono risultati, abbiamo soltanto speranze. 

Secondo l’autore il raggiungimento di una certa uguaglianza sociale ed economica si è sempre realizzato nel dolore e nella povertà. Il livello di massima disuguaglianza possibile dipende dal livello di ricchezza complessiva della società.

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