Dall’inizio delle ‘primavere arabe’ nel 2011 l’Algeria ha mantenuto pace e stabilità, a differenza degli stati vicini. Il governo, autoritario e nazionalista, è presieduto da Abdelaziz Bouteflika fin dal 1999. Ma Bouteflika è anziano e malato, le elezioni si avvicinano. L’economia ha bisogno di profonde riforme che riducano il clientelismo, aumentino le tasse, riducano le sovvenzioni (ora 45 miliardi di dollari l’anno!) e aboliscano i prezzi politici di alcuni beni di prima necessità.
L’economia dell’Algeria è legata all’esportazione in Europa del gas e del petrolio. L’abbassamento dei prezzi dell’energia ha prodotto voragini nel bilancio dello stato. L’Algeria produce poco, al di là dell’energia, e importa gran parte dei beni necessari alla vita dei suoi cittadini. Inoltre c’è ancora grande disparità fra il livello di vita delle élite cittadine e quello del resto della popolazione.
La spesa pubblica rimane alta, anche se gli introiti si sono ridotti del 40% in cinque anni. Le riserve monetarie erano molto elevate e l’Algeria le sta spendendo per non abbassare il livello di vita dei cittadini. Ma una conseguenza fortemente negativa di questa politica è la crescita dell’inflazione.
Ora che le elezioni si avvicinano e Bouteflika sembra fuori gioco per il futuro, pare inevitabile che il futuro governo debba prendere provvedimenti impopolari. Gas e petrolio sono nazionalizzati, gli enti che gestiscono produzione e vendita di energia sono enormi carrozzoni pubblici che alimentano grandi clientele a sostegno del governo. Gli investimenti stranieri in questo campo, che ora sarebbero necessari per investire in nuovi impianti, aumentare la produttività e diminuire i costi, non sono possibili. L’Algeria sta però cercando di promuovere investimenti dall’estero nell’agricoltura e nell’industria di trasformazione dei prodotti agricoli.
Anche il settore finanziario e bancario è sottosviluppato e arretrato in Algeria, ma il governo sta cercando di aggiornarlo e svilupparlo, pur nel rispetto delle norme islamiche che proibiscono l’interesse (ma permettono la partecipazione al rischio), per poter raccogliere fondi sul mercato internazionale, così come fanno gli altri paesi arabi.
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