È quanto tendiamo a fare, chi più chi meno, quando siamo in condizioni di stanchezza, di ansia, di esasperazione, di paura. Allora la nostra capacità di empatia sparisce, insieme alla capacità di affrontare e comprendere la complessità del mondo reale. Allora possiamo esprimere quasi soltanto malanimo, cattiveria, per essere lasciati un po’ in pace. Forse si trovava in una condizione simile il cardinal Fossati a marzo del ’46, quando scrisse la lettera di cui vedete la minuta a fianco. O forse era ancora influenzato da una lunga tradizione di pregiudizio antiebraico? L’ha trovata per caso Giulietta Weisz negli archivi della Curia Arcivescovile di Torino (faldone 14.14.84/A, fascicolo UNRRA).
Alla Pontificia Commissione di Assistenza il Cardinale restituiva l’assegno di 100.000 lire (allora cifra cospicua) destinate ai Rifugiati del DP Camp 17 di Grugliasco, giovani Ebrei sopravvissuti ai campi di sterminio o in fuga dall’Est Europa dopo esser rimasti nascosti per mesi o anni nei boschi dove le loro famiglie erano state fucilate in massa. Le motivazioni e i giudizi addotti dal Cardinale oggi ci paiono intollerabilmente meschini – ma è bene prenderne nota, sapere che gli Ebrei europei sopravvissuti alle stragi non trovarono molta pietà né molta comprensione alla fine della guerra nei paesi che erano stati fascisti o nazisti. Il sentimento comune in questi paesi, Italia inclusa, era stato troppo a lungo sollecitato a disprezzare gli Ebrei e averne paura perché si provasse simpatia per le loro tragedie e vergogna per la nostra incivile ferocia.
Oggi i nipoti di coloro che vissero quegli anni possono avere pietà delle vittime e anche di chi fu solidale con i persecutori senza quasi rendersene conto; possono guardare la realtà storica senza mettere in discussione la propria identità. Perciò è ora di aprire gli archivi ai giovani ricercatori.
Trascriviamo il testo:
Torino, 31 marzo 1946
Appena ricevuto la sua del 14 c.m. coll’assegno di Lire 100.000, ho pregato il Parroco di Grugliasco di informazioni sugli israeliti del campo di concentramento nella sua parrocchia. Già vaghe notizie mi erano pervenute su quel campo, dove si diceva vi fosse molta immoralità. Non so ancora quali passi abbia fatto il Parroco e se a volte abbia esorbitato nelle richieste; fatto sta che ieri mattina si è presentato a me il Vice Comandante del campo accompagnato da due nostre Crocerossine, persone mature, di molto criterio, ottime cristiane. Ho compreso che la visita del Parroco di Grugliasco lo aveva preoccupato quasi che il Vaticano volesse fare un’inchiesta sull’andamento del campo, e mi lasciò un esposto che allego. Dalla conversazione poi con le Crocerossine appresi che in quel campo vi sono circa mille ebrei, tutti stranieri, in massima parte soggetti turbolenti, trattati troppo bene e che abusano vendendo al mercato nero quello che sovrabbonda, che lasciano molto a desiderare quanto a moralità, donne in soli calzoncini succinti, ecc. Come vedrà dall’annessa relazione, il loro trattamento è molto migliore di quanto abbiamo noi: e il vice Comandante invitandomi insistentemente a fare una visita al campo, mi diceva che era proposta inutile che il S. Padre sprecasse denaro per loro.
Ho appreso anche che tutti attendono di poter andare in Palestina, ma saranno completamente spesati dagli Alleati. Una delle due Crocerossine mi diceva: “Parrebbe che dalla strage degli ebrei siano sopravvissuti i meno degni: Ungheresi e Rumeni poi sono i più cattivi”. Man mano che questi ebrei arrivavano al campo, venivano distribuiti a tutti abiti nuovi e biancheria; si è dovuto sospendere la distribuzione perché si è constatato che essi vendevano subito a borsa nera quanto ricevevano: e per lo stesso motivo le scatole di carne, conserva ecc. vengono distribuite già aperte.
Posto questo stato di cose credo mio dovere restituire l’assegno di Lire 100.000. Quando potrò disporre di un pomeriggio vedrò di fare una visita al campo di Grugliasco e ove rilevassi sia il caso di qualche soccorso, non mancherò di farne avvertita la S.V.
Intanto vorrei pregarla di farsi interprete alla prima occasione presso il S. Padre della mia gratitudine per la nuova prova della Sua Augusta liberalità verso questi miseri, anche se non sono Suoi figli.
Voglia gradire i miei ossequi e credermi.
Il Vaticano rispondeva l’11 aprile 1946 (lettera a lato), ringraziando per il ‘benevolo’ interessamento.
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