Dopo l’incontro fra Trump e Xi nel mese di aprile, si direbbe che USA e Cina stiano conducendo di comune accordo una politica cauta e accorta nei confronti del dittatore coreano. La Cina, grande sostenitrice storica dell’economia coreana e del regime coreano, esercita una certa pressione sul vicino e amico − che si sta vistosamente dotando di armi nucleari − sia rafforzando le sue truppe lungo la frontiera, sia tagliando l’interscambio commerciale. L’amico cinese dice così chiaramente al dittatore coreano: “Stai esagerando, corri il rischio di perdere la mia amicizia”.
Dall’altra parte gli USA, potenti nemici che il regime coreano ha sempre demonizzato, non soltanto non reagiscono alle provocazioni, ma offrono a Kim Jong Un la possibilità di negoziare salvando la faccia. Le parole di ‘simpatia’ di Trump per le difficoltà che Kim Jong Un ha dovuto affrontare e la dichiarazione di disponibilità a incontrarlo permettono al dittatore coreano di dire ai suoi cittadini di aver ‘piegato’ gli USA, di averli costretti a venire a patti. Le parole di Trump offrono a Kim Jong Un una via di scampo dal vicolo cieco in cui si è cacciato. Forse non ne farà uso, o forse sì.
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