Nella politica degli USA verso il Medio Oriente dal 1980 in poi è evidente una sostanziale continuità strategica, anche se dal punto di vista tattico l’atteggiamento è cambiato con ogni presidente. La continuità consiste nel cercare di contenere e di condizionare politicamente e militarmente l’Iran degli Ayatollah, così come durante la Guerra Fredda si conteneva e si condizionava l’Unione Sovietica.
La Guerra Fredda poté terminare soltanto con la caduta del governo comunista in Russia, paese che dal 1919 incarnava il comunismo nel mondo reale, con evidente e duraturo successo. L’obiettivo strategico di far crollare il potere sovietico in Russia fu perseguito per circa settant’anni per tante vie e con politiche talora apparentemente contraddittorie: fiammate di guerra e di guerriglia in Corea o a Cuba, in Vietnam o in Afghanistan, ma anche accordi inaspettati dell’Occidente con la Cina comunista e offerta costante di aiuti economici e militari all’India e ai paesi arabi socialisti, pur di evitare che diventassero dipendenti dall’Unione Sovietica. La sconfitta dell’Unione Sovietica e del socialismo storico non avvenne sui campi di battaglia, ma fu la conseguenza di decenni di lavorio politico, diplomatico ed economico, che sfruttò in modo spregiudicato le divisioni e le contraddizioni interne al mondo socialista, man mano che si manifestavano.
L’islamismo politico e sociale è un nuovo pericolo di fondo – e di lungo periodo − fin dal 1979, quando un regime islamista assunse il potere nell’Iran degli Ayatollah, dichiarando ostilità e disprezzo per l’Occidente. L’Iran è per l’islamismo quello che la Russia fu per il comunismo: la realizzazione di un ideale politico e sociale che ci è ostile in un paese di grande cultura, di lunghe tradizioni, di notevole potere. Finché non cadrà il regime islamista in Iran, appariranno sempre nuovi gruppi islamisti che vorranno conquistare il potere, certi di poterlo fare prima o poi, certi che uno stato islamista possa aver un successo di lungo periodo nel mondo contemporaneo e tornare persino a costruire un impero.
L’Iran è un paese di grandi tradizioni culturali e politiche e occupa una posizione geografica da cui può controllare e influenzare tutto il Medio Oriente, l’Asia Centrale e parte dell’India, grazie alla continuità territoriale e alla sua posizione di arroccamento nelle valli di montagna che discendono verso le pianure circostanti. L’Iran è una specie di enorme fortezza naturale che domina le pianure dell’Iraq, del Pakistan, dell’Afghanistan e del Turkmenistan, come si vede nella mappa fisica qui a fianco.
Dal VI secolo avanti Cristo fino alla metà del XVIII secolo il territorio dell’attuale Iran fu il centro di una successione di grandi imperi che si estendevano dal Mediterraneo all’India e all’Afghanistan. Soltanto lo sviluppo dell’Impero Inglese e dell’Impero Zarista in epoca industriale ridussero l’Iran a regione di secondo rango, benché mai conquistata da nessuna potenza straniera. L’egemonia culturale e politica iraniana ha lasciato un segno profondo nella mappa linguistica della regione, come si vede qui a fianco.
L’Iran degli Ayatollah non ha mai nascosto le sue mire egemoniche sulla regione, proprio come non le nascondeva la Russia, e da decenni suscita ribellioni fra le minoranze sciite che vivono all’interno del mondo sunnita, o si allea con i nemici interni dei governi sunniti. L’Occidente, guidato dagli USA, ha sempre sostenuto il mondo sunnita contro le mire dell’Iran, anche se gli attentatori islamisti che raggiungono i nostri paesi e che mostrano maggiore ferocia non vengono dall’Iran sciita, ma appartengono a gruppi islamisti e terroristi sviluppatisi nel mondo sunnita, come l’Arabia Saudita o i paesi del Nord Africa, che invece trattiamo da alleati. Ma anche durante la Guerra Fredda le Brigate Rosse o la RAF venivano dal nostro interno, non dalla Russia. Però per far cessare in modo definitivo il terrorismo comunista sviluppatosi in Italia o in Germania o in Giappone fu necessaria la caduta del regime comunista in Russia.
La guerra di fondo fra l’Occidente e la Russia comunista non impedì l’alleanza contro un nemico comune, la Germania nazista. La scelta di Obama di stipulare un accordo con l’Iran fu probabilmente frutto della convinzione che in quel momento fosse più pericoloso l’islamismo armato sunnita, che fosse perciò il momento di rinforzare l’Iran nel suo scontro con l’ISIS e con al Qaeda (sunniti) in Iraq e in Siria. Ora Trump rimette l’Iran nell’elenco dei ‘nemici’, insieme all’Iraq e alla Siria. Sia la politica di Obama sia quella di Trump sono contingenti, legate alla valutazione della maggiore o minore pericolosità dei diversi gruppi islamisti e dei loro sostenitori in uno specifico momento. Ma l’obiettivo strategico non cambia: contenere ogni forma di islamismo perché non giunga a conquistare il potere politico in nessun altro stato, fino alla caduta dell’attuale regime iraniano, meglio se per esaurimento interno, come avvenne per il comunismo in Russia.
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