Lo Yad Vashem (museo e centro di documentazione della Shoah a Gerusalemme) ha raccolto e salvato documenti e testimonianze su persone che durante la Shoah hanno corso gravi pericoli per salvare qualche Ebreo, spinte da un senso spontaneo di umana carità e da un forte senso di giustizia. A costoro è stato dato il riconoscimento di ‘Giusto tra le Nazioni’. I Giusti riconosciuti da Yad Vashem sono già oltre 26000, ma i salvatori per fortuna furono molti di più, anche se non tutti sono stati segnalati per il riconoscimento ufficiale.
Molti rimangono sconosciuti, altri sono conosciuti ma le condizioni politiche del paese in cui hanno vissuto la vecchiaia e sono morti hanno ostacolato la ricerca dei documenti, come nel caso del bulgaro Peshev.
La fiducia nei Giusti è nella tradizione ebraica. Si racconta che in qualsiasi momento della storia umana ci siano 36 Giusti al mondo. Nessuno sa chi siano, nemmeno loro stessi, ma sanno riconoscere le sofferenze e se ne fanno carico. È per amor loro che Dio non distrugge il mondo. Per fortuna anche durante la Shoah i giusti furono ben più di 36!
Molti hanno cercato nella storia e nella personalità dei Giusti caratteristiche comuni ricorrenti, in particolare Samuel e Pearl Oliner, padre e figlia, ricercatori e docenti del Centro di ricerca sulla personalità altruistica della Humboldt State University in California, che a questo studio dedicarono la vita. I Giusti non hanno in comune né lo status sociale, né lo status economico, né il livello di scolarità, né il tipo di cultura, né le condizioni di famiglia, né il tipo di lavoro, né idee politiche, né credenze religiose. Nulla? No, hanno un tratto in comune: l’indipendenza di carattere, un forte senso di autodeterminazione che li porta ad avere il coraggio di non adeguarsi alle idee prevalenti e di prendere iniziative proprie. Alcuni furono in contrasto con le autorità politiche del proprio paese anche prima e dopo la Shoah. Altri, come Wallenberg, pagarono con la vita la propria indipendenza, non sotto il nazismo ma sotto lo stalinismo (Stalin fu il dittatore sovietico dal 1924 al 1953).
Molti salvatori ebbero anche una conoscenza personale diretta di coetanei ebrei durante l’infanzia o l’adolescenza. Per questo non erano influenzati dalla propaganda che demonizzava gli Ebrei.
Si possono trovare materiali online sulla storia di molti Giusti. Nella photogallery in testata presentiamo le immagini di alcuni di loro. Su molti sono stati fatti film, come Schindler, Giorgio Perlasca e Irena Sendler. Di altri si sa ancora poco, come nel caso dello svedese Wallenberg, probabilmente ucciso dai Sovietici nel 1946. Di Peshev conosciamo il ruolo soltanto grazie al recente libro di Gabriele Nissim. Anche il ruolo di Gino Bartali come staffetta di documenti di salvezza è venuta alla luce recentemente. Conosciamo comunque il ruolo salvifico di persone che occuparono posizione di qualche rilievo nella loro società. Non conosciamo i nomi e le storie di migliaia di altri Giusti che collaborarono per nascondere, ospitare, aiutare in vario modo gli Ebrei in pericolo, qui nelle nostre città, nei nostri ospedali, nelle nostre campagne, nelle nostre valli.
Così come non conosciamo i nomi e le storie dei molti delatori che per riscuotere la taglia posta sulla testa degli Ebrei dalla Repubblica di Salò nel 1944 si diedero attivamente a cercarli, scovarli, denunciarli, mandarli a morte. Non ci interessa sapere chi furono questi sciagurati, ma dobbiamo sapere che ci furono, che non furono pochi, e che tutti coloro che allora avevano conoscenti ebrei ebbero la possibilità o necessità di scegliere se essere salvatori o delatori.
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