L’Arabia Saudita e la costruzione della nazione

12/02/2018

L’Arabia Saudita è un paese molto giovane. Unificato nel 1932, ha una popolazione ancora divisa in tribù e sette. Ora il governo vuole costruire uno stato-nazione coeso.

Attraverso una serie di riforme che rientrano nel programma “Visione 2030”, l’Arabia aspira a creare una società moderna, composta di cittadini dotati delle competenze necessarie per competere nell’economia globale. Questo richiede innanzitutto di forgiare il senso di appartenenza a una stessa nazione nei 23 milioni di persone che abitano le due coste del paese − che differiscono molto fra di loro − e che sono abituati a ragionare in termini di sette, tribù, cultura e storia. Non sarà facile, tanto più che anche il nuovo sviluppo economico si concentra attorno ai due centri tradizionali di commercio e potere: Jeddah a ovest e Riyadh a est. Il rischio è che lo sviluppo aggravi il divario tra ricchi e poveri, lasciando le altre parti del regno prive d’investimenti e inducendo le altre popolazioni a sviluppare identità distinte da quella saudita, soprattutto le minoranze sciite a est e la minoranza ismaelita al confine con lo Yemen.

Un altro problema è l’elevatissimo tasso di disoccupazione fra i Sauditi, che rifiutano di svolgere lavori poco qualificati ma utili, che vengono svolti da immigrati. Per questo motivo la “Visione 2030” prevede limiti all’immigrazione e la ‘sauditizzazione’ del personale delle aziende. È una politica che risveglierà molta opposizione, soprattutto nei centri più ricchi.

Le riforme saudite riguardano anche l’educazione. Il curriculum saudita ha sempre favorito la memorizzazione memonica invece del pensiero critico, e si basa su vecchie credenze. La riforma del curriculum e dei suoi contenuti richiederà negoziati complessi per superare la prevedibile opposizione di molti genitori, insegnanti e studenti, che saranno scandalizzati e offesi dai cambiamenti.

Nella “Visione 2030” c’è anche la costruzione di NEOM, la città super tecnologica per i nuovi Sauditi. NEOM è il terzo mega progetto saudita di città modernissima dopo Masdar City e King Abdullah Economic City, entrambe in grande arretrato nella realizzazione. Non si vede la fine dei lavori e non si vede come potranno davvero diventare centri propulsivi.

Ma l’Arabia Saudita non può rinunciare alle riforme. Finché ha ancora grandi entrate dalle riserve di idrocarburi, lo stato può utilizzarle per la propaganda, per implementare i cambiamenti e per finanziare i poveri e prevenire il malcontento. 

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