Assad e la coalizione che lo sostiene stanno finendo di riconquistare le aree del paese ancora in mano a milizie ribelli. Per farlo radono al suolo interi quartieri, senza curarsi della vita delle migliaia di civili che vi abitano. Ghouta, grande sobborgo a est di Damasco, non ha più una casa in piedi. È cosa che farebbe gridare all’orrore anche se questi civili fossero ‘nemici’. Si tratta invece di cittadini siriani, quei cittadini che è dovere del presidente Assad proteggere e servire, in quanto capo dello stato.
Assad e i suoi sostenitori potranno anche vincere questa guerra sul terreno, per ora, ma di sicuro pongono le basi per il rifiuto totale del regime da parte della popolazione. Il rancore che si va accumulando verrà tramandato per generazioni, sfocerà in ribellioni e guerre civili di lunga, lunghissima durata e prima o poi porterà alla frammentazione dello stato siriano in diverse unità, fra di loro incompatibili.
Le guerre civili in Siria e in Iraq, entrambi stati artificiali e recenti, hanno distrutto il fragile senso di appartenenza a un’unica nazione solidale che i regimi dittatoriali ba’atisti si proponevano (a parole) di conseguire fin dagli anni ’50. Questi regimi si appoggiavano all’interno ad alcune porzioni di popolazione, a discapito di altre. Per quanto predicassero il nazionalismo arabo e islamico, all’interno dei confini praticavano la discriminazione anche fra Arabi e Arabi e fra diversi gruppi islamici, un po’ per necessità di potere, un po’ perché né la popolazione né il regime avevano il senso dei doveri dello stato verso tutti i cittadini indistintamente. Il senso di solidarietà e di piena appartenenza alla nazione di tutte le sue componenti è eredità storico-culturale che non si sviluppa in pochi lustri, ma è frutto di secoli di storia comune. Le azioni di Assad sul terreno distruggono qualunque senso di appartenenza a un destino comune. Chiamare terroristi i ribelli (che spesso lo sono davvero) e pensare che questo giustifichi il bombardamento della propria popolazione civile inerme non salverà né Assad né lo stato siriano.
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