La disoccupazione giovanile nel mondo arabo

10/03/2018

Ogni anno 5 milioni di giovani entrano nel mercato del lavoro nei paesi arabi. Non tutti lo trovano e la disoccupazione aumenta. Questo è il maggior problema per i governanti arabi. Le masse di giovani disoccupati o sotto-occupati alimenta la rabbia delle piazze. Fra il 1980 e il 2000 la popolazione dei paesi arabi è quasi raddoppiata. Secondo la Banca Mondiale e il FMI la disoccupazione giovanile nel mondo arabo è da anni la più alta al mondo.

I paesi del Nord Africa hanno un’agricoltura poco sviluppata, un settore turistico in contrazione dopo le rivolte, le guerre civili e il terrorismo. Quanto più le risorse sono scarse, tanto maggiore è la competizione per averne una parte, e la corruzione è la norma quando la concorrenza è troppa. Le risorse minerarie – dal fosforo all’uranio, al petrolio o al gas – sono una fonte primaria di reddito per questi paesi, ma non sviluppano il mercato del lavoro, perché per loro natura hanno bisogno di relativamente poca manodopera e poca creatività.

Le risorse minerarie sono sfruttate quasi ovunque da aziende pubbliche, che tendono a gestirle con criteri di utilità politica, investendo il meno possibile in ricerca e in nuove tecnologie e aumentando il più possibile il numero di addetti (il Venezuela insegna!). Questo porta alla perdita di competitività e a bassi livelli di produttività. Ma le conseguenze negative si vedono a medio-lungo termine, mentre la ricaduta positiva della creazione di posti di lavoro per le clientele politiche aiuta a guadagnare consensi subito. Nessun politico attua riforme che aumenterebbero le difficoltà immediate della popolazione, anche se migliorerebbero molto la situazione nei decenni successivi. In Marocco, ad esempio, negli anni 2009-11 il governo ha raddoppiato la spesa in stipendi pubblici per evitare le rivolte e il rischio di guerra civile sperimentate dagli altri paesi arabi in quegli anni. Nel frattempo sono stati tagliati gli investimenti per l’ammodernamento delle infrastrutture di estrazione, così ora il paese incassa meno dalla vendita del petrolio di 10 anni fa.

Il paese forse più a rischio è l’Egitto, con la sua popolazione di 95 milioni di persone concentrate in città sovra-estese, i cui abitanti ricavano di che vivere da impieghi nel settore pubblico e nell’esercito. Disoccupazione, corruzione e ipertrofia burocratica hanno raggiunto livelli tali da rendere estremamente difficile il governo del paese, mentre scarseggiano le attività economiche private. Ma gli impieghi pubblici debbono garantire la fedeltà degli impiegati al governo, non la buona amministrazione delle risorse pubbliche.

L’Iran, che non è un paese arabo, è tuttavia in situazione non dissimile dall’Egitto, perché gestisce le risorse del paese in favore dei militari e delle Guardie della Rivoluzione, nonché di strati di burocrazia opprimente, ma fedele al regime.

I paesi del Golfo sono un caso diverso: hanno ingenti risorse che usano per garantire un buon livello di benessere alla popolazione. Tuttavia i loro giovani non lavorano, perché non accettano lavori ‘faticosi’ nel settore privato, avendo l’alternativa di poter vivere senza lavorare, grazie a sussidi sociali e di disoccupazione extra-generosi. Anche l’educazione scolastica nei paesi del Golfo tende a non dare il tipo di preparazione necessaria per lavorare nell’economia privata. Anche nei paesi del Golfo il settore pubblico è ipertrofico e paga stipendi esageratamente alti, da due a tre volte superiori agli stipendi del settore privato. Ora i governi cercano di correggere questa situazione, incontrando ovviamente ostacoli e suscitando risentimenti e ansie. L’Arabia Saudita, per esempio, dal 2018 ha iniziato ad applicare l’IVA sui consumi. È la prima tassa che colpisce la popolazione, che sino ad ora dallo stato ha ricevuto soltanto sussidi e stipendi, senza mai pagare alcuna tassa. Nel timore di creare scontentezza nella popolazione, il governo ha deciso di aumentare anche i sussidi e gli stipendi, per evitare che i Sauditi vedano ridursi il loro potere di acquisto!

I paesi del Golfo sperano nella tecnologia d’avanguardia per sviluppare l’economia dei propri paesi (vedasi il programma ‘Vision 2030’ dell’Arabia Saudita). Invece l’Egitto e altri paesi del Maghreb ricorrono a prestiti internazionali (FMI, Banca Mondiale) per costruire le infrastrutture di base di cui il paese ha bisogno per poter sviluppare l’economia privata – nel campo delle telecomunicazioni, dei trasporti, delle energie rinnovabili.

Auguriamo di tutto cuore ai governi arabi di riuscire a sviluppare economie vive e forti – anche perché l’alternativa è che i loro giovani si riversino sulle sponde d’Europa alla ricerca di una vita migliore, che difficilmente saremmo in grado di offrirgli. 

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