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La Commissione Europea ha pubblicato la proposta di budget 2021-2027, legando l’accesso ai fondi di coesione al rispetto di alcuni parametri da parte dei paesi membri, fra i quali appaiono l’accettazione delle quote di rifugiati e il rispetto della rule of law. Ora si apriranno accanite discussioni. Il budget deve essere approvato all’unanimità prima di essere adottato. La Polonia, l’Ungheria e la Repubblica Ceca, che sono stati membri dell’Unione, non accettano le quote rifugiati; la Polonia viene anche accusata di non rispettare la rule of law perché leggi recenti permettono al governo di interferire nella nomina e nella rimozione dei magistrati; l’Ungheria è accusata di violazione alla libertà di espressione per la campagna contro le ONG sovranazionali e in particolare contro la Central European University fondata da Soros a Budapest.
Polonia e Ungheria sono fra i maggiori beneficiari dei fondi strutturali europei (si veda tabella a lato). La Polonia sta ricevendo più di 100 miliardi di euro in fondi europei di coesione dal budget 2014-2020: più di qualunque altro paese membro. La Commissione Europea ha chiesto di poter sospendere i pagamenti di fondi già concessi ai paesi membri che violano gli accordi o le regole. Concedere alla Commissione questo tipo di poteri richiede una maggioranza qualificata, ma neppure quella pare raggiungibile a giudicare dalla reazioni alle richieste. Però potrebbe intervenire la Germania a influenzare il voto. Le aziende manifatturiere di Ungheria e Polonia dipendono strettamente dalla Germania, sono parte integrante del processo produttivo tedesco. La Polonia esporta il 52% del proprio PIL annuo, l’Ungheria l’89.5%. Tali esportazioni sono fatte verso aziende tedesche o a paesi terzi in nome e per conto di aziende tedesche. La Germania può quindi forzare le scelte di Polonia e Ungheria minacciando ritorsioni economiche. Questo però metterebbe in pessima luce la Germania e alimenterebbe ancora di più i sentimenti anti-europei e anti-tedeschi che serpeggiano in quei paesi. Senza contare che la posizione politica della Merkel anche in patria è meno salda dopo le ultime elezioni. La diplomazia tedesca dovrà essere messa tutta all’opera per convincere e condizionare − ma in sordina − i governi dei paesi dell’Est, fino ad accettare le condizioni e approvare il prossimo budget europeo. Riuscirà?
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