Nei tre anni in cui ha controllato l’area pianeggiante nel nordest della Siria, l’ISIS ha ucciso migliaia di persone tra civili e soldati del governo siriano, senza permettere ai famigliari di seppellirne i corpi. Ora la regione è disseminata di fosse comuni, così come il territorio sotto controllo curdo.
Recentemente il Consiglio Democratico dei Curdi Siriani (Kurdish Syrian Democratic Council) ha compiuto un gesto inusuale, restituendo all’esercito governativo i resti di 44 soldati uccisi dall’ISIS nel villaggio di Ain Issa nel 2014. Dieci giorni prima erano state scoperte quattro fosse comuni vicino a quello che era stato il quartier generale della 93esima brigata, e i Curdi hanno sfruttato l’occasione per ricucire i rapporti con il presidente Bashar al Assad. Anche questi sono segnali che il processo di reintegro nel resto della Siria della regione controllata dai Curdi è ormai in atto.
I Curdi siriani e il regime di Assad hanno avviato i negoziati. Le Forze Democratiche Siriane, braccio armato del Consiglio Democratico dei Curdi Siriani, stanno rimettendo in funzione la diga di Tabqa, che avevano strappato all’ISIS l’anno scorso, e stanno cooperando con il governo per la fornitura dei servizi. Anche se Damasco ha ritirato la maggior parte delle truppe, in tutto il nordest il personale governativo resta al suo posto in uffici pubblici, scuole e ospedali; il governo centrale continua inoltre a pagare i salari degli impiegati statali e a mantenere i voli tra Damasco e Qamishli, la grande città vicino al confine con la Turchia in cui vivono soprattutto Curdi e Cristiani assiri.
Durante la lotta contro l’ISIS i Curdi siriani sono stati attenti a non scontrarsi con le forze governative siriane e, al contrario di quanto hanno fatto i loro fratelli iracheni, non hanno mai reclamato l’indipendenza. Sanno che i Siriani hanno sempre rifiutato i processi di decentralizzazione. La Francia ha occupato il paese tra il 1920 e il 1946 e ha creato quattro staterelli – uno alawita a nordovest, uno druso a sud, uno intorno ad Aleppo e uno intorno a Damasco – ma le forze siriane hanno risposto con la guerriglia. I Curdi, circa il 10% della popolazione siriana, non sono in condizione di richiedere un loro stato perché sono maggioranza in aree separate e sparse tra il Jazira, Kobane e la provincia montuosa di Afrin, che i Turchi hanno strappato di mano ai Curdi lo scorso anno senza che USA e Russia intervenissero. Molti Curdi vivono a Damasco o Aleppo, sono integrati e non reclamano l’autonomia, tanto meno l’indipendenza.
A indebolire ulteriormente le possibilità di autonomia dei Curdi siriani è l’opposizione della Turchia, esacerbata dagli stretti legami tra il PKK e le YPG, spina dorsale delle Forze Democratiche Siriane.
Per il momento gli USA restano fedeli alle SDF, ma i Curdi non si fidano delle promesse americane dato che gli USA hanno abbandonato ben due volte i Curdi iracheni nelle mani di Saddam, nel 1975 e poi di nuovo nel 1991. Temendo il ritiro delle forze americane e la fine del sostegno di Washington, i Curdi hanno preferito rivolgersi a Damasco finché hanno ancora qualche carta in mano.
Ma per molti Siriani l’alleanza con gli Americani durante la guerra fa dei Curdi dei traditori della nazione. Forse ora li perdoneranno in nome del processo di riconciliazione.
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