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Federica Mogherini, portavoce della ‘politica estera’ dell’Unione Europea, il 19 settembre ha rivelato che la Commissione Europea proporrà al prossimo summit dei ministri degli esteri europei, previsto il 15 ottobre, la costruzione di grandi infrastrutture di trasporto e comunicazione fra Europa e Asia. Non si tratta di un’adesione formale alla BRI (Belt and Road Initiative o ‘nuova via della seta’) cinese, ma sarà di fatto un collegamento alla BRI. Il piano prevede la costruzione di porti nel Mediterraneo e nel Mar Nero, ferrovie in Europa centrale e Orientale, in collaborazione con il Giappone e – ovviamente – la Cina. La Mogherini auspica che i paesi del sud est asiatico e i paesi di altri continenti vogliano partecipare ai progetti. Il 18-19 ottobre si terrà a Bruxelles un incontro multilaterale Europa-Asia, in cui questo progetto sarà evidentemente il centro dei colloqui, così come la questione dei dazi americani. La Commissione Europea destinerebbe 60 miliardi di euro alla realizzazione delle opere e cercherebbe finanziamenti sul mercato globale per altri 300 miliardi di euro.
La proposta della Commissione pone sul tavolo una questione di enorme importanza per i futuri equilibri globali. La politica del governo americano sotto Trump (ma non cambierà sostanzialmente sotto altri futuri presidenti) tende a contenere la crescita economica e tecnologica della Cina e a obbligare l’Europa e gli altri partner a prender posizione e schierarsi con gli USA, oppure perdere il favore dell’America, pagandone le conseguenze. L’America ha capito che il suo primato economico e militare è a rischio per il futuro e che il concorrente più forte e perciò più pericoloso è la Cina. Dunque l’America deve iniziare subito una politica di fondo volta a contenere la potenza cinese e a creare alleanze strategiche con gli altri paesi cui un’eccessiva potenza cinese incute timore, dall’Australia all’India.
E l’Europa? Il peggior incubo per l’America è la possibilità che si formi un unico gigantesco blocco economico attraverso tutto il continente eurasiatico, e che questo blocco possa diventare rivale od ostile. Una grande potenza non può lasciar crescere oltre misura un potenziale nemico, confidando che sarà sempre mite e remissivo e non userà mai la forza per imporre la sua volontà. Vi immaginate il potere irresistibile di un’unione economica dalla costa del Pacifico alla costa dell’Atlantico, inclusa la Russia e l’Asia Centrale? L’America cercherà sempre di impedirla.
Cercheranno di impedirla anche i paesi vicini alla Cina, dall’India al Vietnam, e i paesi dell’Europa dell’Est, che potrebbero venir stritolati di nuovo fra la Russia e la Germania. Neppure la Francia vivrebbe sonni tranquilli immaginando un’asse Germania-Russia-Cina alle sue spalle. La Russia potrebbe guadagnare molto da una collaborazione economica sia con la Cina, sia con l’Europa, ma teme di finir schiacciata dai due lati e perdere la propria autonomia. Gli stati dell’Asia Centrale si trovano analogamente in una difficile posizione: vogliono essere al centro dei rapporti economici del continente, ma temono di finir schiacciati e divorati da un accordo Russia-Cina. D’altra parte nessun popolo europeo vuole lasciarsi scappare l’opportunità di sviluppare una rete logistica che colleghi Europa e Asia, favorendo gli scambi economici e culturali con potenziale grande profitto reciproco.
Che fare? Una scelta di campo dell’UE nella guerra dei dazi e nella collaborazione economica sarà rimandata costantemente; l’Europa continuerà a prender tempo e cercare di dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Probabilmente il risultato dell’incontro Europa-Asia di ottobre si potrà riassumere con la frase ‘avanti a piccoli passi e con cautela’. Ma l’accresciuta tensione nei rapporti internazionali potrebbe portare a modifiche significative negli impegni militari dei paesi europei e nella presenza di basi NATO in Europa, incrinando ulteriormente la solidarietà politica fra i paesi dell’UE. Già l’Ungheria sta chiedendo agli USA di porre una base militare sul suo territorio, dicendosi pronta a pagarne tutti i costi (non si capisce come…).
Nel frattempo l’Arabia Saudita ha annunciato la partecipazione alla realizzazione di un corridoio economico fra la Cina e il Pakistan (parte del BRI) con un investimento di 10 miliardi di dollari, e i Cinesi cercano di convincere l’India a costruire congiuntamente infrastrutture di base in Afghanistan. Tutto è in movimento, l’Europa si sforza di rimanere in equilibrio in un mondo instabile, senza riuscire a fare passi avanti, perché muoversi in una qualche direzione è troppo rischioso.
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