Il mondo si ridefinisce a blocchi

08/10/2018

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Il disegno dell’amministrazione Trump è ormai chiarissimo. Dato che l’Occidente, America inclusa, sta perdendo il primato economico e tecnologico, dunque anche l’egemonia politica e culturale che gli ha permesso di dar forma alle istituzioni internazionali e alla cultura delle élite globali, è possibile che fra qualche lustro si trovi sotto attacco da parte di potenziali nemici cui l’Occidente non soltanto ha permesso di diventare troppo potenti, ma ha offerto persino grandi agevolazioni. Il potenziale nemico più pericoloso è sicuramente la Cina. Dobbiamo perciò cessare di promuovere lo sviluppo della Cina con le agevolazioni concesse dal WTO, perché la Cina ormai è più che capace di sviluppare se stessa senza aiuti, tant’è che ormai proietta la sua egemonia sull’Africa, oltre che nell’Asia Centrale e nei mari prospicienti le sue coste. La Cina forse non diventerà mai davvero ostile, ma se lo diventasse la sua potenza potrebbe schiacciarci. Sono rischi che non possiamo permetterci. 

Il primo passo è stato denunciare e destrutturare l’attuale ordine internazionale, forgiato all’inizio degli anni ’90 e basato sull’assunto che tutti vogliono onestamente collaborare, nessun paese è ostile ad altri e tutti accettano una certa egemonia americana. Nel contempo gli USA hanno avviato un processo di rinegoziazione con i singoli partner a partire dal proprio continente, identificando chi è sicuramente amico, chi manifesta interessi divergenti, chi cerca di mantenersi neutrale. Si stanno così delineando blocchi di paesi più o meno amici, più o meno ostili, o alla ricerca di una possibile neutralità imparziale.

Questo è il significato lampante di tutte le mosse del governo Trump. Nei nuovi accordi economici bilaterali proposti non soltanto al Canada e al Messico, ma anche al Giappone, è inclusa una clausola che alcuni chiamano ‘pillola avvelenata’, per cui entrambe le parti hanno il diritto di uscire dall’accordo con un preavviso di sei mesi, se l’altra parte firma accordi con paesi ‘non di mercato’. È una clausola che creerà dibattiti e difficoltà nei parlamenti dei paesi chiamati ad approvare l’accordo, perciò nei prossimi mesi sentiremo probabilmente parlare di ‘pillole avvelenate’.

Un’altra mossa significativa è il fatto che gli USA abbiano pubblicamente accusato la Cina di aver inserito microspie nei circuiti di hardware destinate a entrare in sistemi sviluppati per il governo e per l’esercito americano. È il preludio a provvedimenti che restringeranno la possibilità di utilizzare nelle amministrazioni pubbliche hardware prodotti in Cina, inducendo le aziende a riportare in patria o in paesi sicuramente amici la produzione di hardware, che oggi è delocalizzata al 90% in Cina.

Tutti i paesi stanno valutando che fare, i paesi che confinano con la Cina stanno già agendo. Quatti quatti, Giappone e Filippine stanno conducendo esercitazioni militari insieme sul territorio delle Filippine, chiaramente in chiave anti-cinese. È la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale che soldati Giapponesi hanno rimesso piede nelle Filippine! D’altro lato, invece, per la prima volta dalla fine della Seconda guerra mondiale Giappone e Corea del Sud hanno litigato su simboli di bandiera fino al punto di annullare le annuali esercitazioni navali congiunte (la Corea del Sud non può irritare né il Nord né la Cina, essendo un’appendice geografica di entrambe). Il Giappone ha anche condotto nelle settimane scorse esercitazioni navali congiunte con la flotta britannica e con quella americana davanti alle coste indiane.

L’India e la Russia, i grandi vicini della Cina, si sentono ovviamente chiamati in causa e sembrano voler ricorrere a una politica di reciproca collaborazione e di non allineamento, volta a non irritare troppo nessuna delle parti. A inizio ottobre 2018, durante una visita di stato di Putin a Delhi, i due paesi hanno firmato importanti accordi sia economici sia militari. L’India ha anche dichiarato di non voler collaborare con gli USA nell’applicazione di sanzioni all’Iran, però nei fatti negli ultimi due mesi ha dimezzato gli acquisti di petrolio dall’Iran. Similmente la Russia, a parole molto contraria alle sanzioni anti-Iran del governo Trump, nei fatti ha aumentato moltissimo la sua produzione offrendo condizioni allettanti ai paesi che importano il petrolio dall’Iran, perché le possano sostituire con importazioni dalla Russia.

E l’Europa? La nuova politica americana è un forza che sta agendo anche nelle discussioni in corso fra i paesi d’Europa e sulla possibile futura ricostituzione di blocchi di alleanze e di cooperazione. Poiché l’Europa non ha un governo, una voce, una politica, la discussione sarà lenta e lunga, l’identificazione di nuovi blocchi di interesse sarà lenta e instabile. In paesi come l’Italia (siamo alle periferia di tutti i possibili blocchi, non siamo al centro di nessuna singola area geopolitica), la discussione sul futuro ha già diviso l’opinione pubblica non in due ma in tre fronti duramente schierati l’uno contro l’altro, come scrive Francesco Sisci per spiegare agli asiatici quello che accade in Italia. Il fenomeno è già sotto i nostri occhi. Nei prossimi mesi lo osserveremo con attenzione, cercando di badare molto più ai comportamenti oggettivi che alle dichiarazioni pubbliche. 

Gli USA hanno avviato un processo di rinegoziazione con i singoli partner. Si stanno così delineando blocchi di paesi più o meno amici

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