Intendevo scrivere un articolo per la newsletter di fine anno, ma mi sono interrotta per inserirmi nel giro di mail collettive di un gruppo di amici di gioventù, per lo più ancora impegnati a fondo nell’insegnamento o nei tribunali, i quali lamentavano di ritrovarci a vedere in vecchiaia ‘tempi così bui’ e cambiamenti così rapidi e imprevedibili.
Credo che la risposta scritta per loro possa essere offerta come spunto di riflessione anche ai lettori della newsletter che si pongono le stesse domande.
Eccola.
Non è soltanto il web ad aver cambiato il mondo. Sono tre fenomeni concatenati, di portata sociale ben maggiore del web:
- La fine del ruolo della produzione industriale di massa come motore primo dello sviluppo, cioè come strumento di arricchimento costante e progressivo delle società che adottano quel modello di sviluppo. Modello ancora valido per paesi che hanno bassi livelli di vita, perciò costi bassi e una grande domanda interna da soddisfare, ma non per società già ricche sia di beni che di servizi.
- Questo ovviamente comporta lo sgretolamento delle vecchie classi sociali legate al mondo della produzione industriale di massa (classe operaia e borghesia imprenditoriale con i suoi consulenti e tecnici), la fine delle ideologie che ne difendevano moralmente e politicamente gli interessi, la fine dei partiti forgiati da quelle ideologie. Sta diventando poco utile come ascensore sociale anche la scuola, perché ancora prepara i giovani a eseguire − a vari livelli di competenza − progetti centralizzati, invece di educare all’autonomia e alla microimprenditorialità, che permetteranno loro di stare a galla attraverso le crisi.
- L’emergere della Cina come grande centro di potere economico, culturale e politico rende rapidamente obsolete le politiche e le istituzioni sovranazionali sviluppate dal dopoguerra in poi dall’Occidente, basate sul presupposto del predominio economico, culturale e militare degli USA, paese guida dell’Occidente, che vedeva se stesso come guida del mondo. Gli USA stanno rapidamente e grossolanamente adattando la politica alla nuova realtà, elaborano nuove strategie. Noi Europei siamo ancora largamente inconsapevoli, disorientati. Alcuni sono molto arrabbiati, altri sono molto spaventati.
Che succederà? Non so prevedere i tempi dell’evoluzione, dei cambiamenti e delle reazioni ai cambiamenti, ma mi pare che la direzione dei cambiamenti stia diventando chiara. Considerando che le nuove tecnologie – soprattutto l’intelligenza artificiale − permettono sistemi di produzione, di trasporto e di comunicazione estremamente più efficienti di quelli in uso, è certo che alcuni settori economici saranno sempre più globalizzati, mentre altri potranno utilizzare nuovi strumenti per raggiungere nuovi livelli di eccellenza in ambito locale, soprattutto nei servizi e nelle arti.
Questo rimodellamento dei sistemi economici credo ci porterà nell’arco di alcuni decenni a una serie di cambiamenti politici e istituzionali:
a) fine degli stati nazionali, ridefinizione di regioni con interessi simili e rafforzamento delle autonomie regionali, legate a sistemi economici locali. Penso che anche l’Italia potrebbe spaccarsi fra nord e sud, come sta avvenendo in Spagna.
b) Sviluppo di ‘imperi’, cioè di entità politiche sovranazionali, anche sotto forma di federazioni o unioni di stati o regioni. Secondo me proprio l’attuale ‘sovranismo’ accelererà il cambiamento, perché entro 2-5 anni sarà chiaro a tutti che lo stato nazionale non è più capace né di alimentare lo sviluppo economico, né di difendere il territorio da potenziali nemici. Perciò gli stati o le macroregioni tenderanno a cercare nuove grandi alleanze, non sempre continuando le alleanze e le unioni politiche del passato. Per noi Italiani sarà il legame con la Germania e con l’Europa centrale il centro delle possibili discordie, soprattutto fra Italiani del nord e del sud.
Ma l’incognita maggiore per noi sul medio periodo è l’Africa: lo sviluppo dell’Africa determinerà anche le condizioni future del Mediterraneo, quindi dell’Italia e degli altri paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo.
La Russia, come sempre gigante con i piedi di argilla, giostrerà e giocherà di equilibrio per mantenere un proprio ‘impero’ fra Cina ed Europa.
Il Medio Oriente sta diventando quasi irrilevante per gli equilibri globali, ora che il petrolio e il gas abbondano nel mondo.
Gli USA cercheranno di mantenere l’Atlantico come mare interno dell’Occidente, legando a sé i paesi europei che vi si affacciano, anche per coprirsi le spalle, perché difficilmente riuscirà a mantenere l’egemonia sul Pacifico contro la Cina. Vedo il futuro politico del mondo come una gara fra USA e Cina a sviluppare più potenza economica e più alleati. La Cina lo farà il più possibile via terra, entrando nell’interno dei continenti; gli USA via mare, attraverso gli oceani.
Il grande dubbio,il grande timore è: reggerà la democrazia? Sicuramente saranno necessari adattamenti, cambiamenti. Ma alla lunga io credo di sì: governare con la forza non è mai stata una scelta razionale che abbia avuto successi di lunga durata. Ha sempre provocato ribellioni, o la distruzione della stessa base economica di sostegno ai tiranni. Alla lunga tutto si riassesterà − purtroppo però alla lunga saremo tutti morti, e a breve termine è difficile veder rosa.
Possiamo aiutare noi stessi a veder rosa brindando con un ottimo vino durante queste feste − ed è già molto più di quello che possono permettersi tante persone al mondo, vuoi per la povertà, vuoi per qualche restrizione imposta dall’alto.
Sapete quale è stata per me la cosa più stupefacente degli ultimi decenni? Alla caduta del comunismo e dell’Unione Sovietica mi aspettavo che si disfacessero anche i partiti che a quell’ideologia e a quel modello sociale si erano sempre ispirati. Fu con enorme stupore che osservai invece la loro inossidabile persistenza, persino il loro rafforzamento, con qualche agile cambio di nome e di look. Il crollo avvenne invece decenni più tardi, in modo repentino e imprevisto, quando gli elettori di quei partiti si impoverirono, i loro risparmi vennero minati dalla crisi e i loro figli non trovarono lavoro. Per quanto possa sembrare semplicistica e banale, la battuta “It's the economy, stupid!” offre sempre la chiave migliore per la comprensione degli eventi sociali e politici. Sovrastimiamo sempre la forza delle ideologie nella storia delle società, sottostimiamo spesso la forza dell’economia reale.
Proseguiremo, spero, il dialogo nel 2019. Auguri!
Laura Camis de Fonseca
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