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I Curdi sono una popolazione del Medio Oriente che dall’inizio del 1900 vuole il riconoscimento al diritto di autonomia nazionale. I Curdi furono fedeli sudditi degli Ottomani, ma quando i Turchi proclamarono lo stato nazionale vollero cancellare l’identità nazionale dei Curdi, dichiarandoli ‘Turchi di montagna’. Fu proibito parlare curdo (lingua di ceppo iranico, non turanico), fu proibito definirsi curdi e rivendicare autonomia amministrativa. Inglesi e Francesi, vincitori della Prima guerra mondiale e arbitri delle sorti dell’ex Impero ottomano, li guardarono con sospetto e preferirono smembrare la nazione curda suddividendola in più stati. Così i Curdi si trovarono a vivere come minoranza non riconosciuta non soltanto in Turchia e in Iran, ma anche in Siria e in Iraq. L’Iraq di Saddam li perseguitò e ne fece strage con i gas, la Siria degli Assad non li trattò in modo molto migliore. L’Iran li guarda con sospetto.
I Curdi non causarono le recenti guerre civili in Iraq e in Siria, ma vi si trovarono coinvolti. L’ISIS li attaccò ovunque. Asserragliati nelle valli e sulle montagne, i Curdi tennero testa all’ISIS per lungo tempo, accolsero milioni di rifugiati, difesero territorio e persone. Tutto l’Occidente li ammirò e li sostenne. Gli USA diedero loro protezione aerea e fornirono addestramento e armi, sia in Iraq sia in Siria. Ma ora gli Americani se ne vanno, gli Europei se ne sono già andati, i Russi sono propensi a mettersi d’accordo con la Turchia – che odia i Curdi perché li ritiene il maggiore pericolo per la propria sicurezza interna − e con l’Iran, che confina e sorveglia i Curdi nelle loro valli. Altrettanto desiderosi di disfarsi del ‘problema’ curdo sono gli Europei (Italia in testa), per poter riprendere i normali buoni rapporti commerciali con Iran, Turchia e Siria, continuando a far finta − come sempre abbiamo fatto − di non vedere l’oppressione delle minoranze. I rapporti fra i Curdi e il governo iracheno sono tesissimi: il governo ha mandato l’esercito contro i peshmerga (forze di protezione curde) già lo scorso settembre, quando il Kurdistan iracheno minacciava la secessione, proprio come stava avvenendo anche in Europa fra la Catalogna e la Spagna.
La questione curda ci ricorda una verità che non ci piace: le nazioni esistono, anche se sono difficili da definire, anche se non hanno contorni netti. Raramente coincidono con quelli che chiamiamo stati nazionali, che dal XVIII secolo in poi furono forgiati unendo più ’nazioni’ storiche, per necessità di migliorare la potenza economica e le possibilità di difesa del territorio. Le nazioni sono forgiate da secoli, o addirittura millenni, di convivenza e di condivisione del lavoro – e dei frutti di quel lavoro − all’interno di uno stesso territorio. Esprimono tratti linguistici e culturali comuni, tendono ad avere interessi economici comuni, legati alle caratteristiche del territorio in cui sono radicate. Non soltanto esistono, ma nei momenti di crisi tendono a riemergere come blocchi sociali coesi, con interessi primari comuni e con la volontà di proteggere i propri interessi. Curdi, Armeni, Turchi, Serbi, Boemi, Slovacchi, Greci: dopo millenni di mescolanze e di sottomissione a istituzioni politiche molto più ampie, sono rimasti nazioni. Sono rimasti nazione persino i Catalani e gli Scozzesi!
Siamo abituati a pensare che il nazionalismo è stato la radice dell’imperialismo e dei genocidi. Forse è ora di rivedere questo assioma. Il nazionalismo europeo del XX secolo non fu nazionale; fu il tentativo di annichilimento, in nome della razza, delle tante nazioni forgiate dalla geografia e dalla storia d’Europa. Così come fu razzismo il cosiddetto nazionalismo spagnolo del XV e XVI secolo (‘limpieza de sangre’), teso alla conquista imperiale e all’annichilimento delle altre nazioni. Ma questo è un discorso che richiederebbe molto più spazio e più tempo.
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