Dall’Ungheria alla Polonia alla Romania si profila all’orizzonte un nuovo problema: la scarsità di mano d’opera. In Ungheria si susseguono le proteste popolari per la cosiddetta ‘legge della schiavitù’ voluta dal governo per obbligare gli Ungheresi a lavorare molte ore in più, altrimenti le fabbriche non riescono a far fronte alle richieste. Ma anche negli altri paesi dell’Est la manodopera non è più in eccesso e quella qualificata è decisamente scarsa.
L’Europa centrale ha vissuto una forte crescita industriale e commerciale dal 1990 in poi grazie a investimenti dall’Europa occidentale, soprattutto dalla Germania. Medie e grandi industrie si sono sviluppate grazie alla disponibilità di manodopera capace e a basso costo, a una rete di trasporti agevoli attraverso le grandi pianure e ai bassi livelli di tassazione. I proprietari di queste industrie, in maggioranza tedeschi, hanno potuto competere efficacemente sul mercato globale grazie all’ottimo rapporto prezzo/qualità di queste produzioni. Il pieno impiego e l’incremento dei salari ha poi portato allo sviluppo del mercato interno, a grandi investimenti in strutture logistiche e commerciali, all’aumento dei salari e dei livelli di vita. La Germania, maggiore detentrice della proprietà delle aziende, dei marchi e delle tecnologie, ne ha tratto enormi benefici economici, le popolazioni dell’Europa centrale hanno avuto la possibilità di raggiungere buoni livelli di benessere in tempi brevi.
Ora però la situazione sta cambiando. Se aumentano i costi di produzione, se manca la manodopera per un’ulteriore crescita, Ungheresi, Polacchi e Rumeni potranno aumentare ancora un po’ i loro salari, ma i prodotti dell’Europa centrale importati e riesportati dai Tedeschi in altre parti del mondo diventeranno meno competitivi. L’export tedesco diminuirà. Potrebbe entrare in crisi il modello di sviluppo tedesco, basato sulle esportazioni, potrebbe addirittura contrarsi il PIL tedesco. La Germania potrebbe dover ripensare il proprio modello di sviluppo ed essere più disponibile ad aumentare i consumi nell’Unione Europea, persino a costo di aumentare il debito pubblico degli stati! Non è una condizione imminente, ma non è più una prospettiva irrealistica.
Oppure la Germania potrebbe puntare a investimenti in altre aree del pianeta, ad esempio in Africa e in Asia centrale, in concorrenza o in cooperazione con i Cinesi?
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