Per migliaia di anni, le popolazioni centroasiatiche usarono i cavalli come animali da tiro e per muovere i pesanti carri da guerra. Fu soltanto qualche tempo dopo l’anno 1000 a.C. che l’uomo iniziò a cavalcarli. Quando alla fine i cavalieri montarono sui loro animali, realizzarono una rivoluzione nella velocità degli spostamenti paragonabile all’invenzione dei locomotori a vapore nel XIX secolo. Molte genti delle steppe, fino ad allora sedentarie, passarono al nomadismo. Il cambiamento veramente decisivo, tuttavia, avvenne con l’invenzione della sella rigida e della staffa, probabilmente verso il 300 a.C., ancora una volta in qualche zona dell’Asia centrale. Questi semplici accorgimenti lasciavano libere mani e braccia del cavaliere, permettendogli così di scoccare frecce in ogni direzione, anche all’indietro, e di rimanere in sella anche tutto il giorno. I nomadi guadagnarono immediatamente un vantaggio decisivo in velocità, mobilità di potenza di fuoco e manovrabilità, e non solo rispetto agli abitanti delle città, ma anche agli eserciti imperiali, con i loro pesanti carri da guerra vecchio stile e truppe di fanteria.
Queste furono le innovazioni militari più memorabili fino al XV secolo, quando gli Europei impararono come utilizzare in modo efficace la polvere da sparo. Tribù turcofone o mongolo-turcofone provenienti dalle steppe divennero improvvisamente la forza militare più potente della Terra, in grado di dominare i territori vuoti fra una città e l’altra, devastare terreni agricoli irrigati e assediare gli stessi nuclei urbani. Tale situazione restò immutata fino al XVI secolo. I nomadi dell’Asia centrale divennero altresì i migliori allevatori di cavalli del mondo, dando così origine a una nuova e sviluppata branca del commercio con l’esportazione di cavalli in Cina, India e Medio Oriente.
S. F. Starr, L’illuminismo perduto. L’età d'oro dell’Asia centrale dalla conquista araba a Tamerlano, Einaudi, Torino, 2017.
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