Le fedi religiose dell’Asia centrale si sono succedute una dopo l’altra più o meno come accade ai sedimenti in geologia. Ciascuna di esse si stratificò su quella che l’aveva preceduta, anche se in periodi burrascosi lo strato inferiore poteva riaffiorare in superficie e fare sentire la propria presenza in modi inaspettati. Lo strato più profondo era costituito da innumerevoli culti locali. (…) A integrare tali forme di devozione in un tutt’uno organico era il culto della luce o del fuoco, che si manifestava con innumerevoli altari del fuoco sparsi per tutta la regione, dall’Afghanistan al Kazakistan settentrionale. Nelle città dell’età del bronzo, l’altare del fuoco era collocato in posizione centrale, come una sorta di commutatore tra gli altri centri di culto circostanti. Fin dai tempi più antichi, la conservazione di questi fuochi inestinguibili fu un elemento fondamentale della pratica religiosa di tutta l’Asia centrale. Molto più tardi, dopo l’avvento nella regione del buddhismo e del cristianesimo, questi altari del fuoco continuarono a essere costruiti e a funzionare, anche in grandi centri buddhisti come Balkh.
Connessa con questo culto di fondo vi era una visione del mondo che giustapponeva in una lotta elementare Luce e Tenebra, Bene e Male. Toccò al profeta Zoroastro trasformare quell’impulso in una nuova religione, lo zoroastrismo. Gli esperti non concordano nello stabilire se visse nell’XI o nel VI secolo a.C., benché attualmente si tenda a favorire la datazione più antica. Secondo la fede di Zoroastro, la divinità della Luce, Ahura Mazda, era bloccata in una lotta perenne con il principio della Tenebra, Angra Mainyu (Ahriman).
(…) Lo zoroastrismo rimane la religione rivelata più antica del mondo, una delle prime fedi monoteiste del genere umano, nonché una delle prime religioni della salvazione. Lo zoroastrismo, nelle parole di Mary Boyce, un’autorità negli studi su questa fede trascurata, fu «il primo a insegnare la dottrina di un giudizio individuale, di paradiso e inferno, della futura resurrezione del corpo, del Giudizio universale e della vita eterna dell’anima riunita al corpo».
Tutte queste concezioni ebbero un profondo impatto sui pensatori ebrei, che ne vennero a conoscenza durante la loro «cattività babilonese»; gli ebrei, a loro volta, le trasmisero al cristianesimo e all’islam. A pochi, o forse a nessuno dei musulmani dell’Asia centrale era noto che il loro concetto di paradiso (così come quello cristiano) risaliva direttamente al paradiso zoroastriano, corrispondente a «giardino» in tutte le lingue di origine persiana.
(…)Benché la datazione e la collocazione del vero Zoroastro rimangano oggetto di dibattiti, vi sono prove del fatto che annunciò per la prima volta la sua visione religiosa a Balkh, in Asia centrale.
S. F. Starr, L’illuminismo perduto. L’età d’oro dell’Asia centrale dalla conquista araba a Tamerlano, Einaudi, Torino, 2017.
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