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Come gli altri stati della grande pianura nordeuropea, l’Ucraina ha avuto una storia di frequenti invasioni e conquiste da parte di popoli vicini, che ne modificarono frequentemente i confini e l’appartenenza politica. Le regioni orientali dell’Ucraina furono per secoli soggette prima all’Impero russo, poi all’Unione Sovietica; le regioni occidentali furono parte della Confederazione polacco lituana, poi dell’Impero asburgico fino a inizio 1900; le regioni costiere del sud furono a lungo sotto l’Impero ottomano, poi furono conquistate dai Russi nella lunga serie di guerre turco-russe che attraversarono due secoli fino alla Prima guerra mondiale. Questi eventi hanno lasciato all’interno dell’odierna Ucraina sacche importanti di popolazioni di altre etnie. Nelle mappe in testata si vede la distribuzione interna delle principali minoranze etniche.
Nel 2014 la Russia ha occupato e annesso la Crimea (abitata in maggioranza da Russi) ma l’annessione non è riconosciuta dalla comunità internazionale. Da allora è in atto una guerra di confine a bassa intensità fra i due paesi, con esplosioni occasionali di violenza. La crisi economica è rampante e non potrà che peggiorare nei prossimi due anni. In queste circostanze nelle minoranze etniche interne si può risvegliare il desiderio di secessione, o per lo meno di diverso schieramento politico rispetto a quello al potere. L’instabilità aumenta.
Dopo gli eventi del 2014 il PIL dell’Ucraina si contrasse del 17% in due anni. Il Fondo Monetario Internazionale concesse nel 2015 un prestito di 17,5 miliardi di dollari, cui si sono aggiunti altri 3,9 miliardi proprio a fine 2018, per far fronte all’emergenza. Ma l’evidenza di corruzione e nepotismo nell’uso di questi aiuti, che non sono stati usati per promuovere riforme strutturali, ha indotto gli USA a dichiarare che a queste condizioni l’Ucraina non verrà più sostenuta e che gli USA potrebbero persino revocare le sanzioni imposte alla Russia a seguito dell’invasione della Crimea.
A ottobre 2018 l’Ucraina non aveva il denaro necessario per pagare stipendi e pensioni, perciò ha dovuto aumentare i prezzi del gas del 25%. Ma il budget pubblico è perennemente in deficit, le riforme strutturali non si fanno. Nel 2019 la Russia porterà a termine la costruzione di due nuovi gasdotti, il Turkstream e il Nordstream 2, che le permetteranno di esportare il gas senza utilizzare il gasdotto che attraversa l’Ungheria. Senza i circa 3 miliardi di dollari di diritti annuali di transito pagati dalla Russia per usare il gasdotto ucraino, il deficit aumenterà ancora. I paesi occidentali potrebbero decidere di abbandonare l’Ucraina al suo destino e non gettar più denaro al vento.
Le prossime elezioni in Ucraina, che dovrebbero tenersi a marzo 2019, vedono un elettorato estremamente frastagliato. Se le tensioni aumentassero, Putin potrebbe invocare il dovere di proteggere la minoranza russa e occupare altre regioni. Ma la Russia non è il solo paese ad avere rivendicazioni sull’Ucraina. L’Ungheria rivendica esplicitamente e ad alta voce le regioni di frontiera che hanno una maggioranza di popolazione ungherese. La Moldavia e la Romania non hanno abbandonato il loro presunto diritto ad alcuni territori lungo i confini, anche se i governi non ne fanno una questione di politica nazionale. La Polonia ha avuto lunghe dispute con l’Ucraina, perché dal dopoguerra in poi la popolazione polacca, maggioritaria in alcune aree, è stata deportata e diluita. Oggi l’influenza economica della Polonia nelle regioni occidentali dell’Ucraina è diventata importante, il che comporta anche una crescente capacità di influenza politica.
Insomma, l’Ucraina è una sorta di bomba ad orologeria nel cuore d’Europa. Quando esploderà, le reazioni degli stati europei e della Russia riveleranno il possibile schema dei rapporti all’interno dell’Europa per i decenni successivi.
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