Si accavallano notizie che segnalano cambiamenti in vari teatri del mondo, cambiamenti previsti e attesi da così lungo tempo che quasi si pensava non sarebbero più avvenuti.
In Venezuela il 22 gennaio 2019 si è ammutinata la Guardia nazionale. I partiti di opposizione chiedono alle forze armate di ammutinarsi e chiedono alle forze di sicurezza di non obbedire al presidente Maduro. Il giorno seguente lo scontro si è fatto aperto: il presidente dell’Assemblea nazionale Juan Guaidò si è autoproclamato presidente “pro tempore” del Venezuela, incassando subito il riconoscimento − tra gli altri − di Stati Uniti, Brasile e Messico. Ci si aspettava qualche forma di guerra civile o di colpo di stato in Venezuale da anni, ora forse sta per avvenire.
Nella Corea del Sud nel frattempo si sono interrotte le trattative per il rinnovo del contratto con gli USA per il distaccamento dell’esercito americano. La Corea pagava circa 850 milioni di dollari all’anno per contribuire ai costi del distaccamento dell’esercito americano sul proprio territorio, che dispiega anche missili balistici ed è pronto alla difesa contro qualunque attacco. Il 70% di tale ammontare veniva speso per i rifornimenti in Corea, dunque a vantaggio di aziende coreane. Il problema che blocca il rinnovo non è dunque economico. La Corea del Sud sta cercando di raggiungere un accordo di pacifica convivenza con la Corea del Nord, e per raggiungerlo è pronta a metter sul tavolo la carta dell’allontanamento delle truppe americane dalla penisola.
In Russia un’indagine statistica dice che la fiducia in Putin è scesa ai minimi: il 33% degli intervistati ha ancora fiducia nel successo della politica di Putin, contro il 71% del 2015. A far perdere la fiducia è il protrarsi nella condizione di stallo sia nell’economia, sia nella soluzione del conflitto in Siria, sia nel conflitto a bassa intensità con l’Ucraina. Per la prima volta da 15 anni c’è fra i Russi un certo desiderio di rinnovo della leadership politica.
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