L’età di splinternet

14/05/2019

Nei primi tre decenni di sviluppo, internet fu totalmente aperto, con pochi regolamenti e pochi limiti − tranne qualche raro caso come la Cina. Oggi questa libertà è un lontano ricordo: ogni giorno governi e aziende innalzano nuovi muri digitali su internet. È un fenomeno con molti nomi − splinternet, balcanizzazione di internet, frammentazione di internet – e procede a ritmi sempre più rapidi.

Internet si sviluppò rapidamente quando gli Stati Uniti erano indiscutibilmente la superpotenza mondiale. Terminata la Guerra fredda, internet fu il marchio riconoscibile dell’estensione del soft power americano. All’inizio si chiamava ARPANET, era una rete di computer creata dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti per lo sviluppo di nuove tecnologie a uso militare. Divenne di utilizzo pubblico soltanto negli anni ’90. Benché internet diventasse globale, gli Stati Uniti mantennero il ruolo di manager supremo grazie al contratto fra ICANN (Internet Corporation for Assigned Names and Numbers) e il governo degli Stati Uniti. ICANN infatti svolge un ruolo chiave nella gestione del DNS (Domain Name System, il sistema di assegnazione e indirizzamento dei domini ai singoli utenti), complesso database localizzato nei root server che permettono il funzionamento di internet.

Gli Stati Uniti (e altre democrazie) affermano che il libero accesso a informazioni e dati è parte dei diritti umani, perciò i dati debbono fluire liberamente tra paesi, società e individui. Dato il ruolo manageriale degli USA in internet, il libero accesso ai dati ha contribuito a facilitare l’attuale posizione dominante statunitense. Le maggiori aziende digitali statunitensi − Amazon, Google, Facebook, Netflix, etc… − hanno potuto espandersi nella gran parte di un mondo quasi privo di limiti normativi e di concorrenti locali, dando agli USA il controllo della risorsa più preziosa del XXI secolo (pari per importanza al petrolio nel XX secolo): i dati. L’onnipresenza delle aziende statunitensi in alcuni paesi è diventata una specie di colonialismo digitale, esemplificato dal controllo di Facebook sulle esperienze digitali di tante popolazioni diverse grazie alla gratuità del suo programma e al controllo di Google sulla pubblicità. Inoltre, come hanno mostrato le rivelazioni di Edward Snowden nel 2013, i servizi di intelligence e le forze dell’ordine degli Stati Uniti hanno accesso ai dati globali, legalmente o illegalmente, poiché sono custoditi sui server statunitensi.

Questa situazione ha alimentato una reazione negativa verso il modello di internet aperto. Aziende e governi hanno sviluppato nuovi strumenti per limitare o soffocare la libera circolazione delle informazioni al proprio interno, e anche a utilizzare i bot (app di intelligenza artificiale che interagiscono in rete con gli utenti come se fossero persone) sui social media per far girare notizie a loro favore. La reazione contro internet aperto proviene da più attori, ma tutti hanno in comune lo scopo di dividere la rete globale in compartimenti stagni, isolando le sfere locali.

L’avversario più agguerrito è la Cina, che da anni controlla gli accessi tra cyberspazio globale e locale con il suo Great Firewall, che limita l’accesso a specifici siti e specifici contenuti. Anche la Russia e l’Iran hanno preso esempio dalla Cina e hanno creato reti internet interne che possono essere staccate dal World Wide Web, se necessario, e continuare a funzionare internamente. La rete nazionale iraniana è ora pienamente operativa e il governo cerca di costringere i suoi netizen, cioè i frequentatori della rete, a creare siti web sui server della rete iraniana anziché sul World Wide Web. La Russia ha fatto altrettanto e sta effettuando test di funzionamento della rete nazionale al di fuori della rete globale.

Russia, Iran e Cina sono solo la punta dell’iceberg dei governi autoritari che sviluppano reti locali controllate. Poiché il costo degli strumenti di controllo di internet sta diminuendo, anche paesi più piccoli e meno sviluppati potranno utilizzarli. Candidati ovvi alla creazione di reti locali con sistemi di filtraggio sono l’Egitto, l’Arabia Saudita, la Turchia e il Brasile. La Russia ha persino proposto un internet in esclusiva per i paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) come mezzo per liberarsi dall’egemonia digitale degli Stati Uniti.

Ma non sono solo i paesi autoritari a contrastare l’egemonia degli Stati Uniti su internet. La difesa della privacy dei dati, il nazionalismo nell’informazione e in economia stanno originando regolamenti e controlli anche in Europa. Nonostante sia ricca tanto quanto gli Stati Uniti, l’Europa non è riuscita a creare società internet in grado di competere con le controparti statunitensi. Non esiste un equivalente europeo di Facebook, Google o Amazon. E le singole nazioni europee sono troppo piccole per costituire singoli mercati importanti e competitivi.

La riservatezza dei dati è la componente cruciale delle reazioni europee all’egemonia americana nel controllo dei dati. Di particolare rilevanza è stata l’introduzione, nel maggio 2003, del Regolamento generale sulla protezione dei dati (GDPR) dell’Unione Europea, che ha imposto nuove regole e limiti alla possibilità di raccolta e di utilizzo dei dati. Il GDPR è stato guidato dalle rivelazioni di Snowden riguardanti l’accesso ai dati da parte dell’Agenzia per la sicurezza nazionale e della cosiddetta alleanza Five Eyes per la condivisione dell’intelligence fra Stati Uniti, Regno Unito, Australia, Canada e Nuova Zelanda. Con il GDPR l’Europa ha introdotto un insieme di regolamenti che impongono alle aziende di navigare in modo univoco in ogni diverso paese. Anche se questo non equivale esattamente a un internet a compartimenti stagni, ha un effetto simile nel ridurre il libero accesso globale ai dati.

Anche negli Stati Uniti sta emergendo un movimento per aumentare la frammentazione di internet, ridurre l’egemonia delle grandi aziende e il loro controllo dei dati. Stanno sorgendo ecosistemi diversi attorno a determinate piattaforme. Il modello di business di Apple ha attratto e bloccato gli utenti sull’ecosistema Apple e iOS. Amazon e Google hanno fatto lo stesso con le loro offerte, così come Alibaba e Tencent in Cina. Man mano che la frammentazione di internet guidata dai governi aumenta, gli ecosistemi aziendali specifici potrebbero arrivare a dominare singoli paesi o specifiche regioni, sviluppando così altri confini.

In cinque diverse occasioni le Nazioni Unite hanno incaricato gruppi di esperti (nominati dai governi) di suggerire un insieme di regole e norme per l’amministrazione digitale globale. Dopo il quinto fallimento, a luglio 2017, non è più stato creato un gruppo successivo. A novembre 2018 il presidente francese Emmanuel Macron lanciò il Call for Trust and Security in Cyberspace, altra iniziativa per stabilire norme internazionali firmate da più di 50 nazioni, 90 università e altri enti senza scopo di lucro e 130 società private tra cui Facebook e Google. Ma gli Stati Uniti, la Cina e la Russia non hanno mai firmato l’iniziativa di Parigi e hanno anche bloccato altre iniziative analoghe proposte dal Regno Unito. Perché? La crescente grande competizione fra Stati Uniti, Cina e Russia si estende anche – forse soprattutto − al cyberspazio. L'ascesa della Cina sta diventando il maggiore pericolo geopolitico per gli Stati Uniti. Washington è molto attenta a impedire che gli accordi internazionali sul cyberspazio introducano norme e limiti che rendano più difficile per gli Stati Uniti competere con l’avversario cinese.

La Cina offre un buon esempio di come il controllo interno di internet possa danneggiare le aziende multinazionali: il Great Firewall cinese e le regole interne hanno praticamente reso impossibile alle società americane operare nel paese. Questo ha permesso alle aziende cinesi di evolvere rapidamente e occupare tutto l’enorme mercato interno. Le grandi aziende americane che hanno provato a competere accettando le limitazioni imposte dai Cinesi hanno fallito. Questo modello di isolamento e dominio nazionalistico della rete internet locale è applicato anche in Iran.

Oggi quasi tutti i settori dell’economia dipendono da una connessione rapida a internet e di un ininterrotto flusso di dati, ma la frammentazione in atto e l’infittirsi di regolamentazioni rallenterà e interromperà le operazioni in svariati modi. Le grandissime società americane e cinesi potranno conformarsi a normative complesse e diverse in diverse aree del mondo, se sceglieranno di farlo, mentre ironicamente saranno proprio le imprese dei paesi più piccoli a dover rimanere in mercati locali ristretti, senza mai avere la possibilità di raggiungere dimensioni internazionali.

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