La battaglia per il passato. Chi definisce il passato controlla il presente e il futuro

22/07/2019

È il titolo di un articolo di George Friedman del 16 luglio 2019 per Geopolitical Futures. L’argomento è d’attualità, perché in questo periodo i movimenti ‘populisti’ o ‘sovranisti’ rimettono in discussione la narrativa degli eventi del XX secolo (sia quella di sinistra che quella di destra che quella dei conservatori liberal), mentre costruiscono una nuova visione sociale e politica per il futuro. Perciò ne proponiamo un sunto.

 

Tutti viviamo nel passato. Siamo nati in un determinato luogo e in un determinato tempo, in una certa famiglia che aveva certi valori e li condivideva con la comunità di cui faceva parte. Anche quando rifiutiamo il passato, non possiamo annullare né dimenticare le gioie e i dolori, i successi e i fallimenti che ci hanno forgiato, i nostri atti di coraggio e di vigliaccheria. Possiamo immaginare di esserci comportati in altro modo, provare a cancellare il brutto momento in cui abbiamo mostrato al mondo la nostra vera natura, ma è un’illusione: i nostri ricordi sono sempre là, a confortarci o a tormentarci.

Come i singoli individui cercano di manipolare i propri ricordi, altrettanto fanno religioni e nazioni. Quando il cristianesimo si diffuse in Europa non tentò soltanto di sconfiggere il paganesimo, ma volle rimuoverne anche la memoria. Il cristianesimo era anche un movimento politico e il paganesimo rappresentava un modello alternativo – e antagonista – dal punto di vista politico, non solo religioso. La Chiesa cercò dunque di cancellare la memoria del paganesimo appropriandosi di qualche suo tratto, cristianizzandolo, e distruggendo il resto. Come tutte le vittorie fu imperfetta: la memoria del paganesimo riemerse, talvolta con violenza, come all’epoca di Hitler. Ogni nuova religione tenta di agire sulla memoria svilendo ciò che prima era considerato nobile e degno; lo fece l’ebraismo quando gli Ebrei conquistarono la Terra promessa, lo fece l’islam quando iniziò a diffondersi fuori dalla penisola arabica in cui era nato.

In 1984 George Orwell descrisse il buco della memoria, un marchingegno di cui il regime si serviva per distruggere tutti i documenti di cui non voleva restasse traccia. Ma non era sufficiente per il Grande Fratello, che pretese la distruzione non soltanto degli scritti ma anche della memoria di Winston Smith, impiegato del Ministero della Verità incaricato di riscrivere la storia. Con questa invenzione letteraria Orwell voleva dirci che il potere politico posa sulla capacità di forgiare le menti e questa poggia sulla possibilità di controllare i ricordi.

Mao comprese bene che il più grande pericolo che correva il comunismo era rappresentato dalla memoria. Per distruggerla doveva distruggere il passato, per questo diede il via alla cosiddetta Rivoluzione Culturale, basata sulla lotta ai “quattro vecchiumi”: i vecchi costumi, la vecchia cultura, le vecchie tradizioni e le vecchie idee. Creò così un regno del terrore che la Cina ha cercato di superare ma che non potrà mai dimenticare. Forse nessun paese al mondo lotta con il proprio passato più della Germania, culla di un male talmente estremo da non avere precedenti che consentano di inquadrarlo. La memoria di quel che ha fatto è insostenibile e dimenticare è impossibile; il paese ha imparato a convivere con i suoi ricordi accentandoli con vergogna. Ma, cosa più importante, ha tracciato una distinzione netta tra coloro i quali si macchiarono di quei crimini e quelli che vennero dopo; con l’assoluzione di questi ultimi la nazione è riuscita al tempo stesso ad assumersi il peso del male commesso e ad assolversi. Dimenticare è impossibile, ma si può perdonare, anche a se stessi.

Honoré de Balzac scrisse che tutte le grandi fortune sono costruite su grandi crimini. Gli Stati Uniti, per esempio, si fondarono sul grande crimine della schiavitù. Il loro peccato originale, per così dire, non risiede “soltanto” nella schiavitù, praticata allora in molte altre parti del mondo, quanto nel fatto che i Padri fondatori erano profondamente convinti che tutti gli uomini sono creati uguali – come scritto nero su bianco nella Dichiarazione di Indipendenza – ma nonostante ciò tollerarono la schiavitù e ne fecero la base dell’economia del Sud del paese. Così si affermò che gli Africani non erano da considerarsi pienamente umani, come escamotage per non violare, almeno formalmente, i valori fondanti del paese. Ciò condusse a una guerra civile in cui morirono più di 600000 persone. Alcuni sostengono che quella guerra non ebbe molto a che fare con la schiavitù quanto con la questione dei dazi, che a portare alla guerra civile fu il commercio e non il senso di giustizia. Trovo difficile credere che tanti uomini siano morti per i dazi. Ma la questione è importante per coloro che pensano che la Guerra civile non ripulì gli USA del crimine della schiavitù. Altri pensano invece che, anche se la schiavitù non può essere dimenticata né ripagata, va vista insieme alla Guerra Civile, che ne rappresenta un parziale compenso. Molti dei padri fondatori erano della Virginia e possedevano schiavi, ma ci lasciarono comunque un regime straordinario. Il punto è se questo regime può esser ritenuto onorevole, considerata la sua origine. La schiavitù infanga tutto quello che gli USA hanno fatto e tutto quello che rappresentano, oppure affiancare al riconoscimento dell’orrore della schiavitù il ricordo dei caduti nella battaglia di Antietam [da cui scaturì il Proclama di emancipazione di Lincoln, ndt] consente di riscattare la nazione, nonostante il suo peccato originale?

Come mostrano tanti esempi del passato, un grande crimine può essere sanato soltanto da una grande bugia. Forse Platone si riferiva a questo quando parlava di “nobile menzogna”. È una ricostruzione non vera, ma capace di guarire e rimarginare gli strappi, come quello tra nordisti e sudisti, come quello che lacera la Germania: i Tedeschi sono eredi della cultura che diede vita al peggior orrore di sempre, ma i Tedeschi e il mondo intero sono più sicuri proprio grazie alla mistificazione che delinea una separazione netta tra un prima e un dopo.

Non possiamo scordare il passato: nei minuti che precedono il sonno ci viene a tormentare, ricordandoci le nostre sconfitte. Ma poi ci svegliamo, ci raccontiamo la storiella che abbiamo elaborato e dimentichiamo le cose mostruose che potremmo aver commesso, dando a noi stessi una seconda chance per trovare la redenzione. Così accade anche alle nazioni: riformulano il loro passato per poter determinare il loro presente e controllare il loro futuro.

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