Fu la rapidissima sconfitta di Saddam Hussein nel 1991 da parte dell’esercito americano a porre alla Cina questo interrogativo: se gli Stati Uniti possono mettere in ginocchio in pochi giorni un esercito grande e forte come quello iracheno, in un paese che è più lontano dalla coste americane di quanto lo sia la Cina, come può la Cina mettersi in sicurezza? Era ovvio che le tecnologie di cui disponevano gli USA permettevano loro di attaccare e distruggere attrezzature militari e civili in qualunque punto della superficie terrestre, avvicinandosi ai bersagli con le grandi portaerei. I Cinesi presero a pensare come prevenire la possibilità di un attacco degli USA dall’Oceano o, peggio ancora, dai mari su cui si affacciano le coste cinesi. Finché tale prevenzione non fosse a punto, la Cina non avrebbe potuto perseguire politiche sgradite agli USA neppure nei confronti di paesi confinanti.
La guerra nel Kosovo del 1999, in cui gli USA bombardarono (pare per errore) l’ambasciata cinese a Belgrado, confermò ai Cinesi la necessità di sviluppare una capacità di sorveglianza e di reazione rapida, tramite attacchi cibernetici o impulsi elettromagnetici, capace di impedire a un eventuale nemico di usare tecnologie per la geolocalizzazione degli obiettivi. Poi seguirà un eventuale attacco militare tradizionale alle installazioni nemiche, ma prima di tutto bisogna impedire che funzionino i sistemi di geolocalizzazione e di puntamento a distanza di un eventuale nemico.
Questa strategia fu incorporata nelle linee guida date nel 2001 all’Accademia cinese di scienze militari. Le linee guida indicavano la necessità di un attacco preventivo contro installazioni nemiche dalla massima distanza possibile e descriveva come prima linea di difesa la catena di isole che si estendono in faccia alle coste cinesi, dal Giappone a Taiwan. I Cinesi si misero all’opera. Oggi hanno circa 100 satelliti che dal cielo sorvegliano terre e mari, aerei da ricognizione a guida automatica dotati di radar, conoscono costantemente fin nei minimi dettagli la situazione sui mari che la circondano. Hanno anche missili sempre puntati contro le basi americane nel Pacifico.
La Cina ha raggiunto i suoi obiettivi spendendo relativamente poco: i satelliti servono anche a uso civile, così come lo sviluppo di tutte le tecnologie informatiche e digitali avanzate. A costare molto sono le basi all’estero e le grandi portaerei da combattimento, non i satelliti e le telecomunicazioni. Ma queste sono cose che i Cinesi stanno appena iniziando a sviluppare: una base a Gibuti, un paio di portaerei modeste. Per ora non c’è da allarmarsi, ma è meglio tener conto del fatto che fra dieci anni la Cina potrebbe essere in grado di tener testa agli USA in qualunque parte del mondo.
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