Mamma li Turchi!

16/01/2020

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L’espansione del potere iraniano in Iraq e Siria dal 2014 in poi, grazie alle necessità della guerra all’ISIS, ha offerto alla Turchia un’ottima carta da giocare internazionalmente per riconquistare spazio e potere. Alla caduta dell‘URSS la Turchia era ancora una dittatura militare nazionalista, schierata con l’Occidente, membro chiave della NATO. Chiese di entrare nell’Unione Europea che si andava costituendo. Fu tenuta sulla corda per decenni, finché avesse applicato le riforme chieste dall’Europa, fra cui l’abbandono del potere politico da parte dei militari. Le guerre in Iraq e in Siria misero in allarme i Turchi, provocarono l’afflusso di milioni di profughi sul suo territorio e rinfocolarono il pericolo di un’insurrezione curda in territorio turco. Poi la Russia entrò in gioco in sostegno di Assad (ottobre 2015) e subito umiliò la Turchia, che invece sosteneva una parte dei ribelli, abbattendone un aereo militare al confine. La Turchia si credeva spalleggiata dall’Occidente perché ospitava a Incirlik una grandissima base NATO, con molti soldati USA. Ma nessuno disse una parola in difesa dei Turchi, perché l’intervento della Russia in quel contesto non era affatto contrario agli interessi dell’Occidente, ed Erdogan dovette abbassare la testa davanti ai Russi. I Turchi si sentirono traditi dall’Occidente e capirono di dover ampliare il proprio potere regionale in modo indipendente, ricorrendo al prestigio della propria tradizione imperiale e giocando le parti in causa l’una contro l’altra per raggiungere i propri scopi.

Così Erdogan prese a lanciare piccole sfide agli Europei, dapprima minacciando di inondare l’Europa di profughi, poi influenzando pesantemente la campagna elettorale in Germania, dove i cittadini di origine turca sono molto numerosi, col sostenere alcuni partiti tedeschi piuttosto che altri, infine sfidando Greci, Ciprioti e Italiani (gli Italiani in quanto detentori di una concessione dei Greco-ciprioti per l’esplorazione dei giacimenti sottomarini di gas e tradizionali detentori di licenze per lo sfruttamento del gas e del petrolio libico) decidendo che tutta la striscia di mare fra la Turchia e la Libia è di esclusivo interesse economico turco, incluso un certo numero di isole greche! (Per approfondire, leggere qui).

Come possiamo reagire? I Turchi in questo momento sono in una botte di ferro perché possono giocare fra Iran, Russia ed Europa. Se l’Europa cercasse di sbarrarle la strada, la Turchia potrebbe concordare con l’Iran la spartizione del Medio Oriente fino al Mediterraneo (i due paesi insieme sarebbero militarmente capaci di farlo) il che allarmerebbe molto l’Occidente e la Russia, che però difficilmente riuscirebbero a fare davvero fronte comune contro Turchia e Iran. Oppure potrebbe concordare con la Russia un’alleanza strategica per il controllo congiunto del Mar Nero, del Mar Caspio, del Caucaso e del Mediterraneo orientale, con grande allarme sia dell’Europa sia dell’Iran, che però ben difficilmente riuscirebbero davvero a far fronte comune. Oppure, ed è opzione poco probabile ma che la Turchia probabilmente preferirebbe, potrebbe concordare un riallineamento con l’Europa e gli USA e un rafforzamento NATO in cambio dell’entrata a pieno titolo nell’Unione Europea o almeno il riconoscimento della propria sovranità su Cipro e su acque più vaste.

Se le potenze con cui la Turchia può allearsi sono soltanto la Russia e l’Occidente, la Turchia sceglie l’Occidente perché la Russia ha, per motivi geografici, un forte interesse a espandersi sulle coste dei mari su cui si affaccia anche la Turchia, mentre all’Occidente basta che il transito via mare non sia impedito. Ma se la Turchia può giocarsi anche una possibile alleanza con l’Iran degli Ayatollah, sia la Russia sia l’Occidente faranno a gara per blandirla e concederle ciò che chiede, purché non faccia tale alleanza. Anche per questo sarebbe bene che il regime degli Ayatollah cadesse rapidamente. Nell’arco di un paio di anni nell’intera regione si ricostruirebbero nuovi equilibri meno minacciosi e il mito della rivoluzione islamica perderebbe il suo fascino presso le nuove generazioni di islamici.

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