La creazione dell’Unione Europea a inizio anni ’90 si è basata su presupposti che allora apparivano ovvi, ma sono stati messi in discussione dagli eventi successivi. Proviamo a elencarli:
1) l’Europa deve darsi istituzioni che prevengano la possibilità di guerre al proprio interno. Questo presupposto non è messo in discussione da nessuno;
2) c’è un’identità europea comune, forgiata da una lunghissima storia comune, che va valorizzata e rafforzata. Chi viaggia in altri continenti sa che è vero. I paesaggi urbani europei sono simili fra di loro e diversi dai paesaggi urbani di altri continenti: vi predominano chiese e piazzette, stili architettonici simili. I monumenti eretti in Europa ricordano personaggi ed eventi di importanza riconosciuta da tutti i cittadini europei di media cultura. Ma all’interno dell’Europa diamo molto peso alle differenze, tanto da non essere neppure riusciti a trovare l’accordo su che cosa accomuni le culture europee. Molti hanno proposto di riconoscere come identità comune le radici greco-romane e cristiano-giudaiche, ma il consesso degli stati europei ha rifiutato la proposta. L’Unione Europea perciò non ha una definizione condivisa delle caratteristiche fondanti l’identità culturale europea;
3) l’Europa è uno spazio territoriale dai confini definiti. Il continente europeo ha confini chiaramente definiti dai geografi. Ma dal punto di vista politico la Russia, il più grande paese europeo – che però non ha richiesto di entrare nell’Unione Europea – si estende anche in tutto il nord dell’Asia. E la Turchia, che ha fatto richiesta di entrare nell’Unione Europea, ha soltanto una piccola parte di territorio in Europa: potrà far parte dell’Unione Europea? Nell’impossibilità di dare una risposta concordata, l’Unione non si è data confini territoriali: i confini appartengono soltanto ai singoli stati. L’Unione Europea dunque non ha confini territoriali da sorvegliare e da proteggere, né ha un’identità culturale da valorizzare;
4) l’Europa ha convenienza ad avere un’economia integrata e ha comuni interessi economici. Ma l’affermazione è vera soltanto per la prima parte. Gli interessi economici della Germania o della Polonia o della Grecia sono diversi, perché diversi sono i loro territori, le loro risorse, le strutture delle loro economie. La crisi economica e finanziaria del 2008 ha messo in evidenza l’assurdità che economie integrate ma diverse debbano adottare le stesse politiche economiche, monetarie e fiscali, e ha alimentato insofferenza verso l’Unione Europea in parte della popolazione;
5) all’Europa non occorre costruire una difesa comune al di fuori della NATO. Ma la NATO non ha necessariamente una visione comune delle priorità di difesa, come si vede riguardo alla Turchia, membro chiave della NATO che oggi ha interessi di politica estera contrastanti con quelli della maggior parte dei membri europei dell’Alleanza. Né combaciano più del tutto gli interessi dei paesi europei e degli USA. L’obiettivo primario degli USA oggi è contrastare lo sviluppo di grandi potenze nel continente eurasiatico, non è più impedire che l’Europa venga attaccata da stati con governi autoritari.
Dei cinque ‘ovvi’ presupposti su cui è stata costruita l’Unione europea quattro si sono rivelati almeno parzialmente fallaci, l’Unione non gode di buona salute e in molti paesi europei le elezioni mostrano una crescente insoddisfazione da parte di elettori che chiedono una più ampia sovranità in campo fiscale (anche se per motivi opposti da un paese all’altro) e nelle politiche di immigrazione. Le maggiori autonomie in campo fiscale e nelle politiche di immigrazione vengono presentate e sentite come questioni che riguardano la difesa dell’identità nazionale. ‘Sicurezza’ e ‘identità’ sono le parole chiave di tutti i movimenti politici attualmente in crescita in Europa. Se l’Unione Europea non affronta le questioni della sicurezza e dell’identità in modo comune, è destinata a perdere altri membri dopo la Gran Bretagna. Non subito, ma all’emergere della prossima crisi.
Sviluppare una nuova economia comune basata sull’ambiente e sul contrasto dei cambiamenti climatici può aiutare i paesi europei a rimanere uniti in progetti comuni? Sì, se non intervengono crisi e pericoli di origine esterna. Ma arriveranno di certo. Il mondo oggi è troppo interconnesso, troppo piccolo e troppo popolato perché bastino nuovi progetti di sviluppo a determinare il futuro di una regione. Occorre prima di tutto definire quale è il gruppo di cui si vuole prioritariamente sviluppare la sicurezza economica e fisica. Definire i confini entro i quali si vogliono raggiungere gli effetti delle politiche è oggi più importante e più urgente che nei secoli in cui le informazioni e le persone viaggiavano poco e molto più lentamente, proprio perché occorre prendere in considerazione prima di tutto i fattori di influenza dall’esterno, che oggi sono più molto più importanti che in passato. Come è possibile immaginare e misurare le conseguenze delle politiche che si intraprendono, se non sono chiari né i confini entro i quali possiamo davvero applicarle, né le difese utilizzabili contro i possibili effetti negativi di politiche altrui? L’attuale politica americana di una più stretta sorveglianza dell’immigrazione, degli scambi di nuove tecnologie e delle condizioni per gli scambi commerciali riflette l’aumentata necessità di delimitare e proteggere il campo di azione e di responsabilità delle politiche economiche, sociali e militari che ogni stato intraprende.
Se l’Unione Europea non trova un accordo sugli elementi costitutivi della comune identità e sulla definizione di una frontiera comune non può neppure iniziare a pensare politiche comuni davvero efficaci, perciò è destinata a sfaldarsi ulteriormente.
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