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La Turchia sta iniziando a costruire una centrale nucleare ad Akkuyu, sulla costa sud, in faccia a Cipro, con l’aiuto tecnico-scientifico dei Russi e i lavori sono già iniziati. La Grecia si oppone perché ritiene la centrale pericolosa per tutta la regione, in particolare per i Ciprioti, che sono in grande maggioranza di cultura greca. La Grecia ha chiesto alla Turchia un incontro a livello governativo per discuterne, ma la Turchia ha rifiutato. La tensione cresce. Membri del governo greco sono tornati a citare il ‘genocidio del Ponto’, durante la Prima guerra mondiale, quando l’Impero ottomano uccise o deportò centinaia di migliaia di sudditi Greci. Alla fine della guerra fra Grecia e Turchia ci fu uno scambio forzoso di popolazione: circa un milione e mezzo di cristiani ortodossi furono espulsi dalla Turchia verso la Grecia, circa 300000 musulmani furono espulsi dalla Grecia verso la Turchia. Le espulsioni vennero effettuate su base religiosa, perché nazionalità e religione vennero considerate combacianti. In realtà erano stati i poteri politici e i confini statali a cambiare attraverso i secoli, non le popolazioni a spostarsi. Tutta l’Anatolia fu cristiana fino alla caduta di Costantinopoli, poi divenne musulmana ma la popolazione si convertì gradualmente, molti non si convertirono affatto e rimasero ortodossi.
Fino al 1950 gli spostamenti forzosi di popolazione da uno stato all’altro erano la regola quando cambiavano radicalmente gli assetti politici. L’esempio macroscopico è il trasferimento di popolazioni fra India e Pakistan di fine 1949, anch’esso su base nazional-religiosa. Soltanto dopo la creazione dell’ONU la comunità internazionale iniziò a considerare illegittime le deportazioni di gruppi etnici o religiosi minoritari.
Crescono le tensioni fra potenze regionali in tutto il Medio Oriente e nel nord Africa. Politici e amministratori turchi si muovono ormai liberamente nell’area di Idlib in Siria, ed è probabile che intendano annetterne una porzione. I Turchi stanno anche sostenendo la fazione di al Sarraj in Libia, contro la fazione del generale Haftar, che è invece sostenuto da Russi, Sauditi ed Egiziani. I Turchi stanno cioè entrando in rotta di collisione con la Russia sia in Siria sia in Libia, così come con i più importanti paesi arabi.
Nella situazione di estrema instabilità in cui si trova il Medio Oriente (e l’Unione Europea) la Turchia sta facendo la voce grossa con tutti, dopo esser stata costretto a chinar la testa davanti all’iniziativa russa in Siria del 2015-16. Erdogan oggi sfida i Greci e l’Unione Europea, i Russi e i Sauditi, Assad e i suoi sostenitori iraniani, sapendo che nessuno in questo momento è in grado di imporre la propria volontà sulla regione. Tutti lo lasciano fare a patto che non si allei con l’Iran, che è lo spauracchio di tutti.
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