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L’Arabia Saudita sogna da decenni di sviluppare un’economia moderna con l’ennesima soluzione irrealistica, destinata a fallire per l’ennesima volta. Ora però l’economia saudita ha davvero bisogno di sviluppo, perché la rendita del petrolio non potrà continuare a sostenerla come negli scorsi cinquant’anni.
L’esportazione di petrolio rappresenta per l’Arabia Saudita l’87% di tutte le esportazioni, il 70% degli introiti fiscali, il 46% del PIL nazionale. Ma nel 2020 i ricavi petroliferi sono calati a picco, su base annua il calo sarà del 33% circa e quasi certamente ci sarà un ulteriore calo nel 2021. L’offerta di energia è quintuplicata in pochi anni, mentre i consumi risentono sia delle crisi economiche in corso nel mondo, sia dello sviluppo di tecnologie che ottimizzano la resa.
Il deficit della spesa pubblica dell’Arabia Saudita è stato di 100 miliardi di dollari nel 2019, sarà almeno il doppio quest’anno, le riserve valutarie accumulate nel tempo stanno rapidamente calando. Il Paese deve sviluppare un’economia alternativa. Purtroppo però l’Arabia ha scarsità di ‘capitale umano’, orrenda espressione usata dagli economisti, che presuppone che la vita umana sia un mezzo di produzione economica, non il fine ultimo di ogni attività umana. L’Arabia Saudita ha pochi cittadini, la metà femminile di questi pochi cittadini è poco scolarizzata, priva di autonomia, non può intraprendere e muoversi. Inoltre la cultura prevalente considera umiliante qualunque lavoro manuale, non ama le responsabilità della libera impresa e ambisce a posizioni di piccolo potere nell’amministrazione pubblica. Così il Paese importa manodopera dall’estero, altrimenti si fermerebbero le produzioni interne e i servizi interni di ogni tipo. E utilizza mercenari stranieri per la difesa. L’Arabia spende moltissimo in armamenti, che poi deve affidare in larga parte a militari presi in ‘affitto’ da altri paesi islamici, soprattutto dal Pakistan.
Da vent’anni il governo saudita lancia piani a lungo termine per sviluppare un’agricoltura ‘tecnologica’ che ottimizzi l’uso dell’acqua e della terra, sistemi ultramoderni di pesca e servizi di trasporto e magazzinaggio che abbiano un bisogno minimo di manodopera ma usino piuttosto robot, droni e sistemi regolati dall’intelligenza artificiale. Questi progetti prevedono sempre la creazione dal nulla di nuove città vicine al mare, lontane dai centri giù esistenti. Le nuove città costano centinaia di miliardi di dollari e dovrebbero diventare cuori pulsanti di vita economica, ma fino a ora non hanno dato grandi risultati. Le città vecchie invece accrescono la propria popolazione e sviluppano tutti i servizi per accogliere i pellegrini e continuare a condurre una vita sociale pienamente tradizionale, che della modernità usa le comodità, non la cultura. La monarchia e gli imam temono la modernizzazione della società, il cambio dei costumi e cercano di sviluppare la modernità in nuovi centri appositamente costruiti lontano dalle città esistenti, contando su joint venture (società imprenditoriali miste) con stranieri, molta manodopera straniera, relativamente pochi dirigenti e tecnici arabi che spesso non trasferiscono neppure la famiglia nella nuova città.
L’ultimo progetto è la futura città di Neom, la cui costruzione costerà 500 miliardi di dollari. La città dovrebbe iniziare a funzionare nel 2025 ed esser terminata dopo il 2050. Dovrebbe sorgere su 26000 metri quadrati di terra prospiciente il Mar Rosso ai confini con la Giordania e l’Egitto ed essere zona franca (zona dove non si pagano né dazi né tasse, non ci sono restrizioni né daziarie né monetarie sulla produzione e sul commercio, non si applicano i contratti di lavoro nazionali e gli investimenti stranieri sono liberi).
A Neom si dovrebbero sviluppare progetti di produzione di energia rinnovabile, acqua desalinizzata, nuove tecnologie digitali per l’ambito scientifico e per la produzione industriale avanzata, cinema e mezzi di informazione. Sistemi moderni di trasporti terrestri e aerei congiungerebbero la città attraverso il Sinai all’Egitto, al Medio Oriente e a qualunque altra parte del mondo.
Il progetto suscita dubbi e opposizione, che la monarchia stronca con determinazione. Il giornalista Kashoggi, recentemente assassinato nel consolato saudita di Istanbul, era molto critico nei confronti del progetto Neom. Anche i beduini della tribù Huwaitat, cui sono stati espropriati i terreni per la nuova città, si oppongono al trasferimento forzato. Il loro capo è stato ucciso recentemente dalle forze di sicurezza saudite. Egitto e Giordania temono di vedere danneggiato il turismo nel Sinai e ad Aqaba. Ma l’ostacolo maggiore al successo di questo fantascientifico progetto è proprio l’autoritarismo che soffoca il pensiero e i comportamenti dei Sauditi. Se non si incentiva il pensiero critico e creativo non si entra davvero nella modernità e non si promuove nessun tipo di sviluppo. Sarà bene che lo ricordiamo anche noi Italiani.
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