Nuove opportunità per l’India

10/06/2020

Le tensioni politiche e commerciali fra gli USA e la Cina, nonché la nuova consapevolezza che le filiere produttive internazionali non possono dipendere soltanto dalla Cina, perché in caso di crisi (come quella causata dall’attuale pandemia) possono venir a mancare beni di prima necessità (come le mascherine, ma non solo), stanno inducendo molte aziende occidentali a cercare una alternativa alla Cina. Deve trattarsi di un paese con vaste riserve di manodopera efficiente ma a basso prezzo, dove paia possibile e conveniente fare investimenti a medio e lungo termine. Il paese più interessante a questo scopo è l’India. L’India ha quasi lo stesso numero di abitanti della Cina, è un paese di antica civiltà con manodopera intelligente e flessibile, ha un’economia molto meno florida di quella cinese, che però dipende meno dalle esportazioni. Il PIL indiano dipende al 15.4% dall’agricoltura (contro l’8.35 della Cina), al 23% dall’industria (contro il 39.5% della Cina) e al 61.5% dai servizi (contro il 52.2% della Cina). L’india esporta circa il 14% della propria produzione, la Cina oltre il 19%. I costi medi della manodopera in India e in Cina oggi non sono molto divergenti in termini reali, cioè come potere d’acquisto sul mercato domestico. La Cina però offre varie forme di sussidi alle aziende che producono per l’esportazione, rendendone imbattibili i prezzi per i compratori esteri. Le barriere tariffarie imposte dagli USA nell’ultimo anno sono proprio volte a controbattere gli aiuti di stato all’export da parte della Cina e renderne i prezzi export meno competitivi, in modo che agli investitori e produttori americani convenga tornare a produrre in America oppure in altri paesi a economia di mercato, come l’India.

India e Cina si sono sempre guardate con sospetto attraverso i secoli: l’India teme l’espansione dei Cinesi via terra, perciò cerca di mantenere una forte influenza sulle popolazioni dell’Himalaya. Rafforzare la collaborazione con l’India significa anche rafforzare il maggior rivale della Cina in Asia, costruire un’alleanza strategica per il futuro.

Ci vorrà qualche anno per effettuare i cambiamenti, ma poi vedremo il made in India sostituire in parte il made in China sui nostri mercati.

Non sarà facile per gli occidentali lavorare in India. Io ho lavorato per decenni in tutti i paesi del sud est asiatico e in Cina, fino al 2005. L’India mi ha sempre affascinata, a differenza di altri paesi che per me rimasero semplici luoghi di produzione e di contrattazione, di cui non ho mai sentito nostalgia. Ma quanto è stato difficile trattare con i collaboratori diretti in India! Anche se il sistema di caste è stato abolito da molti decenni, la mentalità di casta è ancora largamente diffusa. Se un collaboratore ha l’impressione di essere stimato meno di un altro di casta inferiore si offende profondamente e non obbedisce più. Non parliamo poi della possibilità di sottoporre persone che si ritengono di casta superiore a un capo o supervisore che viene ritenuto di casta inferiore! I problemi erano tali e tanti che dopo alcuni anni chiusi la società e continuai ad acquistare tramite un bravissimo agente locale, che affrontava e risolveva in proprio tutti i problemi e organizzava anche i controlli di produzione. Si era laureato in fisica negli USA, aveva un grande attico con una enorme terrazza a Mumbai (Bombay), da cui si godevano tramonti spettacolari sulla baia e sul pinnacolo dello Shri Mumbadevi. In quell’attico l’agente viveva e lavorava insieme alla figlia ventenne, in gamba quanto lui. Per tutta la giornata c’era un gran andirivieni di fornitori, collaboratori, clienti. Alcuni artigiani venivano a lavorare in terrazza. La sera alle otto però uffici e terrazzo si svuotavano, diventavano silenziosi e arrivavano 12 ingegneri informatici indiani. Si collegavano con i colleghi a Silicon Valley, dove la giornata di lavoro era appena iniziata, e lavoravano con loro in remoto tutta la notte sui sistemi operativi! Lo stesso agente andava a portare o prendere lavoro ogni due settimane nella desolata Kanpur, in mezzo al deserto, dove una comunità di fuori casta tubercolotici e lebbrosi lavorava le pelli e produceva tomai in case di terra senza aria, senza luce, senza servizi igienici. Il viaggio in treno era lungo. Alle stazioni si vedevano su di una banchina gruppi di occidentali in viaggio turistico di lusso, sull’altra, dove il treno ad alta velocità non passava, mendicanti morenti in mezzo agli escrementi. Magnifica e terribile India. Sono passati quindici anni, ma non credo la situazione sia cambiata molto.

 

Laura Camis de Fonseca

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